Chi ha truccato il voto pagherà

Donald Trump parla alla folla Georgia, dove nel voto del 5 gennaio è in ballo il controllo del Senato. E trova spazio anche per una stoccata sulle origini del covid: “Avete notato come ai democratici piaccia dire che il coronavirus sia arrivato dall’Italia. No, è arrivato dalla Cina e si può dire”.

Trump, i democratici e le origini del virus

Non ci sono vie di mezzo, vinco-perdo, dunque l’impegno è massimo e la scena è quella dei Maga rally: aeroporto, “In the Air Tonight” di Phil Collins, Air Force One, ciuffo biondo phonato, cappotto e cravatta rossa, Trump. Non è mai finita. Come la storia del virus, la sua origine, la battaglia con la Cina di Xi Jinping, l’Operazione Warp Speed e il vaccino in arrivo (un risultato vano per la sua rielezione, perché alla fine sarà la medicina dell’amministrazione di Joe Biden), un successo che brucia.

Metti una serata in Georgia e ti aspetti una tirata trumpiana sull’importanza di mantenere il controllo del Senato e invece…  “Avete notato come ai democratici piaccia dire che il coronavirus sia arrivato dall’Italia. “No, è arrivato dalla Cina e si può dire”, dichiara “The Donald”. Che succede? Trump è meno estemporaneo di quello che si immagini. Se cita qualcosa è perché bene o male l’ha orecchiato. Cosa? La storia alternativa sulla genesi del virus. È qui che si inserisce il capitolo italiano. Uno studio dell’Istituto dei Tumori di Milano pubblicato sul “Tumori Journal” indica la presenza di anticorpi del coronavirus in campioni di sangue già a settembre del 2019, quindi tre mesi prima che venisse scoperto a Wuhan, in Cina.

La ricerca intitolata “Unexpected detection of Sars-CoV-3 antibodies in the prepandemic period in Italy”, segnala che su 959 campioni di sangue analizzati, 111 rivelano la presenza di anticorpi. E se la risposta della comunità scientifica è stata fredda, con alcuni esperti convinti che gli anticorpi trovati siano stati generati da altri coronavirus (come quello del raffreddore), alla Cina non poteva presentarsi occasione migliore per il dire che Covid è nato in Italia.

La versione cinese

“Un nuovo rapporto divulgato da un’istituzione italiana mostra che la prima ondata del nuovo coronavirus non è partita dalla Cina. Il virus è apparso nella regione italiana all’inizio di settembre 2019”, scrive il Quotidiano del Popolo il 17 novembre. Il Global Times, braccio armato della propaganda cinese in lingua inglese, rincara la dose con un appello di Zhao Lijian, portavoce del ministero degli Esteri del Dragone: “Speriamo che tutti i Paesi rilevanti adottino un atteggiamento positivo e cooperino con l’Organizzazione mondiale della Sanità, offrendo contributi per il tracciamento globale sull’origine del virus. Lo studio italiano dimostra come scoprire l’origine del virus sia una complessa questione scientifica che dovrebbe essere lasciata agli scienziati, è un processo fluido che può coinvolgere diversi Paesi”.

L’agenzia di stampa Xinhua rilancia la notizia mentre il South China Morning Post di Hong Kong rileva come dalla ricerca emerga che siano state infettate persone in Italia prima che il virus venisse scoperto in Cina. L’Italia era già finita sotto tiro (cinese) lo scorso marzo quando Giuseppe Remuzzi, direttore dell’Istituto Negri di Milano, aveva parlato di un anomalo aumento di polmoniti acute dal mese di novembre del 2019 evocando la possibilità che il virus fosse già in circolazione. La Cina aveva tentato di scaricare la genesi del virus anche sulla Spagna oltre che sull’esercito statunitense sospettato di averlo portato a Wuhan nell’ottobre del 2019 durante i Giochi militari mondiali.

La battaglia elettorale continua

Il virus, il vaccino. Il male, la cura. “Il vaccino è in arrivo, ci sono voluti 7 mesi, qualcuno lo ha definito un miracolo medico. È merito nostro. Non dobbiamo lasciare che ce lo tolgano”, rivendica Trump in Georgia. La battaglia con la Cina è aperta, ma il comandante in capo per vincere deve tenere vivo il suo partito, non prestare il fianco a scalate e dissensi e interni, che pero ora non ci sono. Secondo il Washington Post, sono solo 25 i parlamentari repubblicani che riconoscono la vittoria di Joe Biden un mese dopo le elezioni, in 222 non prendono posizione. E Trump non smette di ripetere che l’elezione è stata truccata e che può ancora vincere, magari grazie alla Corte Suprema: “Abbiamo vinto la Georgia. Non abbiamo mai perso un’elezione e possiamo ancora vincere questa elezione. La lotta va avanti”. Il suo popolo lo segue.

 “Stop all’imbroglio”, è lo slogan della serata a Valdosta, nel Sud della Georgia, a 24 chilometri dal confine con la Florida, nella contea Lowndes, che ha votato per Trump il 3 novembre e che lui ha ripagato con una visita, il suo primo comizio dall’Election Day. Contro il governatore della Georgia, il repubblicano Brian Kemp, Trump ha sparato a zero perché ‘si rifiuta’ di ribaltare il risultato che ha visto lo Stato tingersi di blu, con la vittoria di Joe Biden, come non accadeva dai tempi di Bill Clinton, dal 1992.

Sono attacchi che lasciano il segno. Dal 3 novembre, la popolarità di Kemp è scivolata al 77% dall’86% tra i repubblicani (Morning Consult). Non c’è dissenso che tenga. L’America rossa è con Trump. Quando i due candidati al Senato del Grand Old Party sono saliti sul palco a Valdosta, la folla li ha quasi ignorati. È con Trump che ha continuato ad interagire: “We love you”.  È una corsa a tappe, il 5 gennaio si vota per il Senato, il 20 gennaio dovrebbe insediarsi l’amministrazione Biden. In 15 giorni, Trump si gioca i prossimi 4 anni. Lo stesso vale per Biden, che al contrario di Trump, sembra essersi dissolto nel nulla dopo essere apparso in pubblico con un gambaletto ortopedico.

MVG

Fonte

Di THEMILANER

foglio informativo indipendente dell'associazione MilanoMetropoli.org

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