di Cesare Sacchetti – Blog La cruna dell’ago

La guerra di Trump contro il Mondialismo

Questa storia supera la fantasia letteraria dei romanzi di spie di John le Carrè.

Le elezioni americane del 2020 oltre infatti ad essere un vero e proprio tentativo di colpo di Stato, ancora in corso come ha ricordato il generale Flynnconsiderato il capo del servizio di intelligence personale di Trump, è sicuramente una elaborata operazione di hackeraggio internazionale.

Una operazione che è stata concepita e attuata dagli ambienti del deep state di Washington, da sempre feroci nemici del presidente americano, e da Paesi e organizzazioni stranieri saldamente nelle mani della cabala mondialista, in particolare la Cina comunista, la Germania e l’Unione europea sin dalla sua creazione diretta dalle élite mercantiliste tedesche.

Il mondialismo aveva deciso tempo addietro che a Donald Trump non avrebbe dovuto essere concessa la possibilità di proseguire il suo mandato alla Casa Bianca.

La massoneria internazionale e le grandi famiglie espressione del Nuovo Ordine Mondiale avevano detto chiaramente che Trump rappresentava una minaccia mortale e ordinato la sua uscita di scena.

Nancy Pelosi prima delle elezioni non poteva essere più esplicita a questo riguardo. Non importa quale sarà l’esito delle urne, aveva detto la presidente della Camera dei Rappresentanti USA, Joe Biden sarà comunque presidente il 20 gennaio.


Il piano è scattato non appena il sistema ha visto che Donald Trump stava vincendo senza particolare affanno le presidenziali del 2020.

Per comprendere meglio cosa è accaduto, occorre ancora una volta tornare indietro alla notte del 3 novembre, il momento nel quale è partito il colpo di Stato.

Lo stesso presidente Trump ha di nuovo recentemente ricordato in una intervista a Fox News rilasciata dopo settimane di silenzio stampa, come sia accaduto qualcosa senza precedenti nella storia americana.

Gli scrutatori hanno interrotto tutti il conteggio allo stesso momento negli stati chiave decisivi per assegnare la vittoria elettorale.

Nello Stato della Pennsylvania probabilmente si è consumato il broglio più enorme della storia, quando qui Trump era in vantaggio di 700mila voti e dal momento dell’interruzione fino al lunghissimo e interminabile scrutinio che si è protratto nei giorni successivi, Biden ha guadagnato 1 milione di voti dal nulla.

Dominion, la società legata a Soros responsabile del broglio

I voti postali giunti oltre la scadenza prevista del 3 novembre e “stranamente” tutti assegnati a Biden hanno giocato un ruolo decisivo per spostare l’ago della bilancia verso il candidato democratico, ma ancor più decisivo è stato il ruolo di Dominion Voting System, il software utilizzato in molti stati per contare i voti.

Diverse indagini statistiche e informatiche hanno dimostrato come i server di questa società abbiano spostato centinaia di migliaia di voti da Trump a Biden.

I tecnici definiscono questi problemi tecnici come “glitch”, ma i glitch sono errori informatici in genere del tutto accidentali.

In questo caso, ognuno di questi “errori” ha spostato i voti da Donald Trump a Joe Biden. Non c’è stato nemmeno un caso negli stati contestati dove si sia verificato il contrario. Trump non ha mai guadagnato un voto dalle macchine utilizzate per conteggiare i voti.

Per individuare i responsabili della più grande frode elettorale della storia d’America e probabilmente del mondo, occorre guardare meglio a questa società, la Dominion Voting System.

Dominion è una società canadese che ha molti legami con il deep state di Washington.

In particolare, questa società si serve di un’altra società sussidiaria, la Smartmatics Inc, presieduta da Mark Malloch Brown, un politico britannico già membro del partito laburista.

Malloch Brown è un personaggio vicinissimo a George Soros vista la sua appartenenza alla Open Society finanziata e fondata dal finanziere di origini ungheresi ed ebraiche.

I legami di Dominion con l’establishment progressista e democratico non si limitano però a questa circostanza.

L’ex capo dello staff di Nancy Pelosi, Nadeam Elshami, ha lavorato per questa società e la Clinton Foundation ha coinvolto Dominion in una delle sue iniziative nota come “Delian Project” per certificare la regolarità delle elezioni in diversi Paesi in via di sviluppo.

La società canadese nega ufficialmente ogni responsabilità nel broglio, ma “stranamente” sta diventando estremamente difficile entrare in contatto con i suoi dirigenti dal giorno successivo alle elezioni.

A Toronto nell’edificio dove c’è la sede ufficiale della società è sparito ogni riferimento che potesse ricondurre a Dominion.

Sullo stesso piano dove si trova la società canadese sono presenti gli uffici di una Ong, la Tides, finanziata da George Soros.

Dominion dunque sembra avere ancora una volta degli strettissimi legami con uno degli uomini più importanti dei circoli mondialisti internazionali.

Nonostante questa società continui a negare ogni sua responsabilità nella frode elettorale perpetrata, è stato proprio uno dei suoi dirigenti, Eric Coomer, a spiegare in un video del 2016 come sia possibile spostare i voti da un candidato ad un altro con i server manipolati di Dominion.

Eric Coomer è un personaggio chiave da tenere a mente in questa storia perché, secondo le rivelazioni del network americano One America News, avrebbe assicurato già prima delle elezioni che si sarebbe “dannatamente assicurato” di impedire a Trump di restare alla Casa Bianca.

Coomer è anche molto vicino ideologicamente ai gruppi terroristici di Black Lives Matter e Antifa, finanziati ancora una volta dall’ineffabile George Soros e dai grandi gruppi industriali e finanziari americani.

Al momento, nessuno sembra sapere dove sia finito Eric Coomer dal giorno delle elezioni e la stessa Dominion non si è presentata ad una udienza pubblica con il parlamento locale della Pennsylvania per fornire spiegazioni sul funzionamento delle sue macchine.

Nell’hackeraggio informatico è dunque pienamente coinvolta questa società che non ha legami solamente con il Canada di Justin Trudeau che ha spiegato come il Grande Reset voluto dai piani alti del mondialismo del quale si è parlato già in precedenza sia una “grande opportunità” per il mondo.

L’operazione delle forze speciali di Trump per recuperare i server di Dominion in Germania

Un altro Paese coinvolto nel colpo di Stato è la Germania. I server di Dominion si trovano infatti a Francoforte in un centro informatico della CIA. E’ su quei server che c’è la prova dell’enorme truffa informatica perpetrata contro Donald Trump.

Le forze speciali americane fedeli al presidente Trump hanno condotto una operazione segreta per poterli recuperare.

Qualche osservatore ha sollevato dei dubbi sulla veridicità di quanto accaduto a Francoforte, ma nelle ultime ore sono arrivate ulteriori autorevoli conferme di quanto avvenuto in Germania.

Il generale in pensione Thomas McInerney ha pienamente confermato il blitz delle forze speciali americane che è avvenuto in questa stazione della CIA, della quale si erano interessati anche i media internazionali in passato per la sua caratteristica di essere una centrale di hackeraggio internazionale dell’agenzia di intelligence americana.

La CIA, in questa storia, si conferma dunque come un apparato ancora saldamente nelle mani dello stato profondo eversivo che regna a Washington.

Quanto accaduto è stato un vero e proprio scontro interno tra le forze fedeli alla repubblica americana e le forze eversive che stanno cercando di portare avanti questo colpo di Stato.

I militari americani avrebbero eseguito un blitz contro la centrale della CIA e ne sarebbe seguito un violentissimo scontro a fuoco.

La CIA si sarebbe servita di paramilitari rientrati appositamente dall’Afghanistan per difendersi dal blitz e cinque uomini delle forze speciali avrebbero perso la vita durante la battaglia, mentre un paramilitare sarebbe morto.

Anche questa circostanza ha trovato conferma nelle parole del generale McInerney. Per poter giustificare la morte di questo paramilitare i media internazionali hanno elaborato una cosiddetta storia di copertura nella quale l’uomo sarebbe morto in Somalia.

Il generale ha anche spiegato cosa sarebbe l’ormai celebre “Kraken” che l’avvocato Sidney Powell aveva citato più volte nelle ultime settimane. Il Kraken, secondo McInerney, non sarebbe altro che il 305° battaglione dell’intelligence militare che si trova di stanza a Fort Huachuca, in Arizona.

Quando l’avvocato Powell dunque ha invitato a “rilasciare il Kraken” era una sorta di messaggio in codice per esortare questo gruppo a entrare in azione e a consegnare a Trump le prove della frode elettorale.

L’operazione ha comunque avuto successo e i server di Dominion sono stati recuperati e ora si trovano nelle mani dell’amministrazione Trump.

Trump a questo punto avrebbe già nelle sue mani le prove inconfutabili del broglio elettronico perpetrato contro di lui.

E’ in atto pertanto una vera e propria guerra intestina nel cuore delle istituzioni americane e sarà l’esito di questa guerra a decidere se l’America tornerà nelle mani del Nuovo Ordine Mondiale che ha usato questa nazione come braccio armato del mondialismo per più di settant’anni, oppure se gli Stati Uniti abbandoneranno definitivamente il disegno globalista.

Ora si sta avvicinando la data nella quale la Corte Suprema sarà chiamata a pronunciarsi sulla regolarità delle elezioni americane.

Nel frattempo, i media pienamente partecipi di questo colpo di Stato continuano a riportare solo le notizie degli appelli respinti, ma ovviamente nulla dicono sui successi legali che la campagna Trump ha messo a segno.

Solamente ieri, ad esempio, un giudice della Georgia ha ordinato il sequestro della macchine di Dominion per impedire che fossero cancellate le tracce di quanto accaduto il 3 novembre.

Il giudice in questione ha poi annullato e confermato il suo stesso ordine e questo fa pensare che i togati che stanno cercando di sventare il golpe in atto siano sottoposti a pressioni fortissime.

La stessa direttrice della GSA, l’amministrazione per i servizi generali che si occupa della burocrazia prevista per i passaggi di consegne tra le varie amministrazioni, ha confessato di essere stata pesantemente minacciata per accelerare la transizione verso una amministrazione Biden che secondo le leggi e la Costituzione americana ufficialmente non esiste.

L’appuntamento più importante davanti alla Suprema Corte deve comunque ancora arrivare e quello che i media non stanno dicendo al grande pubblico è che George W. Bush ai tempi delle elezioni del 2000 perse quasi tutti i giudizi nelle corti inferiori, ma poi vinse il giudizio che gli consentì di entrare alla Casa Bianca, ovvero quello davanti al massimo organo giurisdizionale del Paese.

Trump dunque presenterà una volta per tutte le prove definitive dell’hackeraggio davanti alla Suprema Corte?

E’ probabile che il presidente si riservi di assestare il colpo definitivo al sistema davanti a questo tribunale e questo gli consentirebbe di inferire un colpo mortale al deep state che ha pianificato tutta questa operazione.

Il presidente comunque non era affatto impreparato a quanto sta accadendo ora. Aveva già messo in conto due anni fa che il sistema avrebbe cercato di rovesciarlo, e per poter sventare le manovre eversive del sistema firmò un ordine esecutivo dal titolo piuttosto esplicito “Imposizioni di determinate sanzioni in caso di ingerenza straniera nelle elezioni americane.”

Nell’ordine in questione il presidente ha l’autorità di indire uno stato di emergenza che gli consentirebbe di mettere sotto inchiesta e sequestrare le proprietà personali di tutti gli attori coinvolti in questo colpo di Stato internazionale.

E’ probabile che Trump aspetti di avere una sentenza favorevole della Corte Suprema prima di poter dare piena attuazione a questo ordine esecutivo.

In tal caso, le conseguenze sarebbero semplicemente devastanti. Nel broglio elettorale non sono solamente coinvolti Dominion e i Paesi legati a questa società, ma anche indirettamente tutti i media internazionali e i capi di Stato stranieri che hanno riconosciuto il golpe contro l’America, macchiandosi di fatto di ingerenza negli affari degli Stati Uniti.

Sarebbe uno tsunami vero e proprio che consentirebbe potenzialmente a Trump di seppellire di sanzioni Paesi e organizzazioni straniere, la Cina e l’UE su tutte, che in questo momento sono tra gli agenti privilegiati del mondialismo.

Sarà l’esito di questo durissimo scontro a decidere il destino dell’America e del mondo per i prossimi decenni.

Se per qualsiasi ragione che esula il campo del diritto, la Corte Suprema non dovesse dare ragione a Trump, il presidente potrebbe scegliere di non confermare il voto truccato uscito dalle urne lo scorso 3 novembre dando ordine ai rappresentati repubblicani di mandare a Washington dei grandi elettori diversi da quelli usciti dal voto.

In questo caso si andrebbe verso lo scenario di una elezione contingente, una eventualità che prevede che siano i rappresentanti dei parlamenti dei 50 Stati americani a decidere chi sarà il presidente, e Trump al momento avrebbe un vantaggio di 26 a 23.

Non è certamente la via migliore e più democratica, ma è uno scenario da prendere in considerazione dal momento che i repubblicani stanno già approvando delle mozioni per non confermare l’esito del voto se non si farà luce sui brogli.

C’è dunque in gioco tutto. Stanno per arrivare due settimane decisive nelle quali si capirà se si andrà incontro al Grande Reset, l’evento catartico auspicato dal mondialismo per arrivare verso l’ultimo stadio del Nuovo Ordine Mondiale, oppure se l’America segnerà il divorzio definitivo dal deep state.

Qualsiasi strada prenderanno gli Stati Uniti, il mondo intero ne risentirà. La superpotenza americana fu scelta dalla cabala globalista già prima della fine della seconda guerra mondiale per piegare la volontà delle nazioni che si sono opposte nel corso dei decenni al piano del mondialismo che vuole strappare la sovranità di ogni Paese per consegnarla alla Torre di Babele del supergoverno globale nelle mani delle élite internazionali.

John Mattis, generale al soldo della lobby militare del Pentagono ed ex ministro della Difesa americano rimosso da Trump lo scorso anno, ha rilasciato un’intervista recentemente nella quale auspica la fine della politica del presidente fondata sul principio di “Prima l’America” perché “sta minando le fondamenta di un ordine internazionale vantaggioso per gli interessi americani”.

L’unica parte non esatta nella frase citata da Mattis è quella relativa agli interessi americani. Trump sta sì mettendo a rischio “l’ordine internazionale” che assegnò agli Stati Uniti il ruolo di potenza leader del globalismo ma questo ordine non assicura certo gli interessi americani, quanto quelli del clan del Nuovo Ordine Mondiale.

Il mondialismo ha lanciato dunque l’ultimo disperato assalto a Trump per riprendersi l’America, ma il presidente sapeva perfettamente del piano per rovesciarlo e ora si prepara una volta per tutte a mandare alla sbarra coloro che hanno tradito l’America.

L’ultima mossa di Trump è stata una ulteriore bonifica del Pentagono attraverso l’estromissione dal consiglio di Difesa di falchi di primo piano della cabala globalista come Henry Kissinger, già artefice del golpe contro Allende e sospetto mandante dell’omicidio Moro, e Madeleine Albright, ex segretario di Stato della presidenza Clinton che non ebbe pudori a dire che valse la pena causare la morte di 500mila bambini iracheni vittime dell’embargo americano.

E’ contro questo sistema corrotto e profondamente malvagio che il presidente sta lottando. Un sistema come ha anche ribadito recentemente l’avvocato Lin Wood, attivo nei ricorsi contro i brogli e molto vicino al comandante in capo, che ha una radice satanica.

Le élite che gestiscono questo sistema hanno una ideologia satanista e sono pronte a tutto pur di ridurre l’umanità in schiavitù e miseria.

Lo scopo ultimo del Grande Reset è appunto questo. Distruggere la creazione di Dio per dare vita ad una dittatura mondiale nella quale l’uomo sarà obbligato a rinunciare al suo libero arbitrio e a trasformarsi in un ibrido uomo/macchina programmato solo per eseguire gli ordini.

L’umanità dunque è arrivata ad uno dei momenti più importanti della sua storia. Sarà l’esito di questa durissima battaglia a decidere se si entrerà nell’Apocalisse oppure no.

Saranno queste due settimane a decidere se i figli della luce riusciranno ad avere la meglio sui figli delle tenebre.

Di THEMILANER

foglio informativo indipendente dell'associazione MilanoMetropoli.org

Un pensiero su “Due settimane che decideranno il destino del mondo”

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