Testo di Olga V. Petukhova ( in “Mete” diretta da Silvia Gironi)
Dopo l’esperienza della quarantena, riuscirete a immaginare meglio la vita quotidiana al di sopra del Circolo Polare artico. Durante le notti artiche la vita è concentrata quasi completamente dentro gli edifici. Il periodo dura circa tre mesi, dalla fine di novembre alla metà di febbraio. Considerato il freddo che fa – normalmente 10-15 gradi sottozero, ma talora si arriva a meno 45 – la gente non sta molto all’aperto. Naturalmente si va al lavoro, a scuola, nei negozi, ma uscire è un velocissimo (anche se affascinante) passaggio da un edificio all’altro. Non sorge mai il Sole, è una vita al buio, sempre con luce artificiale.
Negli asili i bambini prendono bagni solari con le lampade UV, vestiti di sole mutande e occhiali da Sole, e bevono vitamine e Omega3. Nel periodo sovietico prendevano l’olio di pesce (рыбий жир, rybij zhir). Ci sono palestre e piscine, ma tutto è coperto. Gli esami universitari e i lavori difficili si svolgono come se fosse niente. Caffè e ristoranti sono pochissimi, la maggior parte per i turisti e quasi tutti cucinano a casa. Ovviamente, nessun tavolo all’aperto!
Quando ci si abitua a questo ritmo e modo di vivere ci si prepara per tempo a questo periodo che permette di sistemare le cose, pensare, leggere e digerire le impressioni raccolte durante l’estate. Le vacanze estive per gli abitanti del Nord durano molto di più, circa due mesi. Lo stipendio è doppio per compensare la durezza delle condizioni climatiche, e quindi si può viaggiare a volontà. Chi non va al Sud per le vacanze estive gode il fascino surreale dei giorni artici. Sono molto più impressionanti che le reclamizzate notti bianche perché il Sole non tramonta mai per un mese: fa solo un circolo nel cielo.
Dopo la chiusura invernale il piacere di essere all’aperto, l’intensità degli aromi, i suoni, la bellezza della natura e della civiltà è estremamente forte, ti fa quasi sentire piacevolmente ubriaca.
Olga V. Petukhova: cultura russa