di Marcello Veneziani

La lezione morale, civile e culturale che la fabbrica delle opinioni ha sfornato in questi ultimi giorni è: la famiglia è fallita, come dimostra casa Meloni. Veniamo da una settimana in cui osservatori, influencer, opinion maker della sinistra italiana e paraggi grillini hanno decretato in coro la fine della famiglia naturale e tradizionale in seguito alla fine della relazione con Andrea Giambruno decretata dalla premier Giorgia Meloni. Parlate tanto di famiglia, e poi vi separate. Anzi, dopo quanto è accaduto in casa vostra, smettetela di presentarvi come i difensori di Dio, patria e famiglia. Revocate quei principi assurdi e impraticabili, come avete dimostrato pure voi nella vostra vita.
Proviamo a ragionare su questa tesi che già in partenza mostra di non avere senso della misura: deduce da piccole vicende grandi svolte epocali. L’argomentazione usata è allo stesso livello di chi si professa non credente perché ci sono alcuni preti pedofili; o chi nega l’amor patrio perché ci sono certi mascalzoni e mariuoli che fanno affari sotto l’alibi altisonante della patria. O chi nega valore alla famiglia perché ci sono emeriti puttanieri in sua difesa. Ossia, dovremmo cancellare i principi su cui si fondano storicamente ogni civiltà e la vita reale dei popoli con la miserabile motivazione dei cattivi esempi in loro nome.
L’amor di Dio, l’amor patrio e l’amore per la famiglia sono stati, nel bene e nel male, e in tutte le contraddizioni, la bussola e il filo conduttore per tenere unita una società, per fondare comunità e legami non provvisori né utilitaristici e per stare al mondo non badando solo ai propri esclusivi interessi egoistici e ai propri desideri individuali. Negare quei fondamenti significa negare il fondo persistente, benché ferito e tante volte calpestato, su cui regge la vita della gente e il sentire comune.
Non è mai esistita una società fondata sulla negazione di quelle basi e del loro intreccio. Noi proveniamo da quel mondo, siamo figli ed eredi di quel modo di vivere e di vedere; i nostri legami più forti e duraturi derivano da quelle basi. Sarebbe assurdo ridurre quei fondamenti alti, vasti e profondi al programma politico, ideologico, elettorale di uno schieramento; sarebbe riduttivo, meschino, del tutto improprio. Ma ancora più assurdo è pensare di poter cancellare quei principi e la vita che ne discende solo perché ci sono esempi malriusciti o solo per contrastare la parte avversa.
Chi difende la famiglia non finge di credere che sia immacolata, senza fallimenti, divorzi e separazioni. La famiglia non è illesa, incontaminata, figuriamoci; ma vive il travaglio del nostro tempo, è dentro il suo trambusto.
Quel che è in gioco è la priorità assegnata ai legami derivati da quell’unione, non solo tra marito e moglie, ma tra padri e figli, tra nonni e nipoti, tra fratelli e congiunti. Famiglia non è solo ménage di coppia, è un insieme vivente transgenerazionale. Chi difende la famiglia non si oppone alle altre unioni e alle altre scelte che ciascuno compie in libertà: ma un conto è rispettare le scelte private di ciascuno, gli orientamenti sessuali e le preferenze, un altro è relativizzare la famiglia, considerarla unione tra le tante, e reputare del tutto irrilevanti la paternità, la maternità, il significato della procreazione e della natività, il legame speciale biologico e spirituale, tra madri e figli, tra genitori e figli, le responsabilità educative verso i minori.
Se una cosa può essere imputata a chi difende nei discorsi politici l’universo familiare è semmai l’incoerenza e l’inefficacia nella tutela: vorremmo da loro più cura, più leggi e strutture a protezione della famiglia. Qualche segnale positivo c’è nell’ultima finanziaria. Ma vorremmo che a livello pubblico e istituzionale la politica della famiglia avesse una reale, decisa priorità a tutela dei suoi legami e dei soggetti più deboli che ne sono parte (i bambini, i vecchi, i malati). Andrebbero tutelate e incentivate la maternità e la natalità, piuttosto che il traffico degli uteri in affitto o altre forzature artificiali che prescindono dalla famiglia e dal suo progetto di vita. Chi sceglie di vivere da solo ne ha tutto il diritto, chi sceglie di unirsi in coppie libere lo faccia pure; chi ha storie omosessuali è libero di averle. Ma la politica sociale e famigliare dovrebbe preoccuparsi di tutelare e promuovere la famiglia, lasciando ai singoli la facoltà di compiere altre scelte. Cosa c’è in questo di ostile, illibertario, repressivo? La famiglia è un bene da tutelare, le scelte individuali sono invece diritti da garantire. Due piani diversi. La tutela della famiglia è sancita anche dalla nostra Costituzione, che tante volte, anche a sproposito, reclamate come se fosse la Bibbia.
La dialettica politica e culturale dovrebbe riguardare il confronto tra i due modelli di società e non la pretesa di ridurti tutto ai soli diritti soggettivi. La famiglia comporta diritti, doveri e responsabilità. Non può essere sostituita da l’Io voglio o dai desideri soggettivi e momentanei. E’ un legame, genera comunità, comporta reciprocità.
Avete tutto il diritto di non condividere questo orizzonte che pure è il mondo reale nel quale siamo nati e cresciuti, ed è ancora – nonostante tutto – l’architrave più solida della nostra società, senza la quale si sfascia. Ma non potete avere la pretesa di dedurre dalla vostra premessa – ognuno decida la sua vita come vuole – la conseguenza di relativizzare, declassare e screditare la famiglia. O attaccarvi ai Giambruno di turno per abbattere le famiglie come fossero ciuffi da tagliare. Le famiglie si sfasciano, dunque è inutile anzi è dannoso difenderle. Ma dove porta questo cupio dissolvi, questa furia di cancellare, di sradicare, di espiantarsi? Le destre passano, con le loro Meloni & partner, ma i legami naturali e famigliari restano finché resta l’umanità. Poi quando l’umano verrà definitivamente rimpiazzato non sarà più affar nostro.

fonte

Di the milaner

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