Due uomini di 86 anni, classe 1936, sono stati ricoverati in questi primi giorni di primavera in gravi condizioni per problemi cardiaci e polmonari, respiratori. Uno è uscito dalla clinica ma desta ancora preoccupazione, l’altro è in terapia intensiva in una situazione più grave. Uno orbita su Roma, l’altro gravita su Milano. Non sono due pazienti comuni, sono due papi. Uno è Pontefice Massimo, da pochi mesi Unico, per il decesso del suo più anziano collega, definito emerito, con cui ha coabitato dall’inizio del suo papato. L’altro, a parte il nomignolo di papi, è capo, sovrano e fondatore di un’azienda, di un partito e di un impero patrimoniale. Uno è Papa Re per definizione antica, ma Presidente per indole e consuetudine; l’altro, al contrario, è Presidente per antonomasia, ma Papa Re per il suo popolo e il suo personale. Sono due figure antitetiche, almeno nell’immaginario collettivo, rappresentano due mondi opposti: uno è considerato l’alfiere dei poveri, l’altro è il prototipo del riccone. Ne consegue che il modello ideale del primo è il pauperismo, la difesa degli umili e dei migranti, la carità e l’accoglienza. Del secondo, invece, il modello ideale è l’edonismo, lavorare tanto ma divertirsi e divertire, godere e far godere, vivere alla grande, amare il lusso e l’eccesso. Il primo predica contro il capitalismo e il consumismo, il secondo predica contro il comunismo e il giustizialismo. Per il primo papa, il peccato capitale è l’egoismo; per il secondo il peccato capitale è l’invidia. Hanno in comune la ricerca di piacere alla gente, di risultare simpatici e popolari; in modi diversi sono seduttivi più che carismatici. Di entrambi si disse che sono un po’ peronisti e populisti, sudamericano di origine italiana l’uno, italiano d’indole sudamericana l’altro.

A voler cercare una sintesi pontificia tra i due si può trovare in un Papa del Quattrocento, che prima fu gaudente e poi fu Santo Padre. Si chiamava Silvio, segno zodiacale Bi­lancia, come l’odierno; cognome Piccolomini, forse allusi­vo alla statura. Ambizioso, esuberante, intraprendente, aveva però un debole: le donne. Ne amava a stecche intere – plu­res amavi foeminas, diceva di sé il gran marpione seriale nella sua vita precedente. Poi, dopo una vita allegra di femminiero con fi­gli spuri, arrivò il giorno della Quaresi­ma, come egli stesso scrisse: «Ora giunge il giorno della salvezza, l’ora della miseri­cordia. Sono satollo, sono nauseato, il piacere carnale (Venere) mi ripugna. Ve­ro è altresì che le forze mi vengono meno, i capelli mi si sono imbiancati, ho i nervi aridi, le ossa cariate, la pelle solcata da rughe, e non posso più dare piacere a una donna veruna, né donna può dar piacere a me». All’epoca non esiste­vano lifting, trapianti, viagra e pompette; così il Piccolomini, reso inabile dagli an­ni e dai malanni, si pentì e diventò pio, anche di nome; Pio II. Oltre che sciupafemmine lui fu umanista, oltre che Silvio era anche Enea, il suo secondo nome. E la città che co­struì non fu una specie di Milano due ma la splendida Pienza, dal suo nome pontificale. Nel mondo antico arrivava a un certo punto il momento della Quaresima e non potevi opporre resistenza, così sublimavi gli impulsi residui e ti da­vi alla santità. La colpa, diranno i reazionari antimoderni, è del progresso tec­nico, scientifico e sanitario, oltre che della tele­visione (è sempre colpa della televisio­ne). Così quel Papa dichiarò il suo rifiuto della vita precedente: «Plenus sum, stomachatus sum, nause­am mihi Venus facit ». Fine del paragone, fatto così, per sdrammatizzare questa anticamera, per rendere più lieve, come è nel suo carattere, un momento assai difficile e delicatissimo, che molti annunciano come fatale. Resta significativo del Papa ambrosiano, il legame spiccato tra la sua leadership e la sua corporeità: in nessuno prima di lui, ha contato così tanto il suo corpo, le sue pulsioni, le sue protesi; perfino nei suoi nemici e detrattori il corpo ha giocato un ruolo assai importante nella denigrazione e nell’irrisione.

Gli auguri di uscire anche questa volta indenne, sono sottintesi e con tutto il cuore, anche se le previsioni non sono incoraggianti e rischiano di essere superati; ma resta intanto l’auspicio di vedere anche il secondo papa, sorridente e loquace sulla sua papamobile, nuovamente a capo del suo regno. Ha avuto mille difetti, quel papa re, e gli sono stati tutti rinfacciati, in un bilancio storico poi li considereremo; ma che sia stato pure generoso e che abbia una spiccata umanità gli va riconosciuto, ci sono mille episodi, mille e mille beneficiati che possono testimoniarlo. E che sia stato un grande, comunque lo si giudichi, non lo diciamo noi, lo dicono i suoi regni che ha creato dal nulla. Non statista ma impresario eccelso. Non pontefice, ma sicuramente massimo.

La Verità – 7 aprile 2023

Di the milaner

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