Quella mattina, impietosito da Filippo che doveva recarsi al lavoro e che aveva fatto ben due tentativi di prendere l’autobus sotto casa senza riuscire neanche ad entrarci, avevo deciso di accompagnarlo. Sarebbe ritornato sicuramente facendosi dare un passaggio da qualche collega che l’avrebbe quanto meno portato fino in centro dove per lui sarebbe stato più facile trovare un bus meno strapieno. Uscendo incontrammo Josiane che rientrava dopo aver portato i figli a scuola.” Ciao ragazzi dove andate? Volevo chiedervi se potevo usare il vostro bagno per farmi una doccia. È da ieri sera che l’acqua è scarsa e non è possibile. Alain ha usato i bagni della sezione sportiva della sua facoltà, ma a me non piace. ” Figurati, e che problema c’è? Ti lascio le chiavi e quando torno le vengo a recuperare su da te cosi mi offri una birra. Accompagno Filippo all’Epau e torno, quindi tra un paio d’ore ci vediamo. ” ” Miinchia, hai avuto pietà perché non mi è stato possibile prendere l’autobus, era pieno come una scatola di sardine”.” Ok dai Filippo sbrighiamoci che è già tardi, a dopo Jo.” 

Dopo circa una ventina di minuti ci ritrovammo bloccati in fila sulla Moutonnière. Mentre procedevamo incolonnati come pecore appunto, sulla corsia sinistra vidi un collega algerino con la sua Skoda che come noi, pensavo, si stava penosamente dirigendo in direzione dell’Università. Suonai il clakson per richiamare la sua attenzione ma è facile immaginare che erano in tanti a suonare e quindi non sortii alcun effetto. Visto che la  velocità di scorrimento in quel momento era pari a 2 km/h dissi a Filippo di scendere al volo e di salire sull’auto di Ben Cherif così io avrei potuto ritornare. Mi feci dare le sue chiavi di casa visto che rientravo molto prima del previsto, e Filippo con una rapida corsa aprì lo sportello e salì al volo terrorizzando il nostro collega che non se l’aspettava. Dopo circa dieci minuti riuscii a fare ritorno sull’altra carreggiata e mi diressi verso  Bainem. Arrivato sotto casa però decisi di continuare e mi diressi verso Ovest lungo la litoranea in direzione di Tipasa. La strada dopo aver attraversato alcuni piccoli villaggi, costeggiava la falesia. Sulla sinistra la montagna piena di boschi saliva ripida verso le alture di Bouzareah. In basso a destra le rocce scure contro le quali si infrangeva un mare agitato da un vento teso di maestrale che portava gli schizzi fin sulla carreggiata. La tranquillità della foresta contro il turbinio del vento che alzava la schiuma sulla cima delle onde prima che si infrangessero contro la  riva. Mi sentivo un po’ così mentre correvo praticamente senza una meta. Appeso  tra la tranquillità e il ruggito delle onde contro gli scogli. Un miscuglio di sensazioni contrastanti, una grande confusione in effetti! Nel frattempo senza essermene reso conto, perché guidavo praticamente col pilota automatico, ero arrivato a Zeralda, un comune ad ovest di Algeri, dove Pouillon, un famoso architetto francese, aveva costruito un villaggio turistico avveniristico se paragonato alla situazione circostante costituita principalmente da aree agricole e capre e cavalli. Mentre mi avvicinavo all’albergo posto a picco sul mare, notai che sulla destra c’era un maneggio e alcuni purosangue liberi in un recinto correvano in tondo con un istruttore al centro che faceva schioccare una frusta. Mi fermai scesi e mi avvicinai. Erano dei bellissimi animali e mi venne voglia di chiedere se era possibile prenderli a nolo e  fare una passeggiata sulle alture circostanti. “Certamente Monsieur, in qualsiasi momento. Mi chiamo Faisal, se non mi vede qui in mezzo ai miei cavalli mi faccia chiamare dalla reception dell’albergo. “

Rientrai nel pomeriggio sul tardi dalla passeggiata a  Zeralda portando con me il ricordo dei cavalli e delle colline e la voglia di tornarci, magari con Josiane…Quando aprii la porta mi resi conto che Filippo era rientrato. ” Ciao Filippo, sei tornato abbastanza presto, hai trovato un passaggio?” Il poveretto era steso su un materasso nel tinello a faccia in giù ed era visibilmente demoralizzato. “Ehi ma  che cazzo ti è successo? Stamattina mi sembravi andare alla grande..” ” No,no, assolutamente no! Miinchia, non ce la posso fare! Quello stronzo di Cheruf, Cheraf o come cazzo si chiama, non è andato all’Università e mi ha lasciato in centro vicino alla Grande Poste. Sono riuscito a prendere un autobus che mi ha portato fino a El Harrach infilandomi in mezzo alla gente come una fetta di salame in un panino. Poi la fermata era a due km dall’Epau e me li sono dovuti fare di corsa perché era tttardi! Gli studenti hanno chiesto alla segretaria di Ikene se c’era lezione o no perché il professor Pacino non si vedeva. Quindi quando sono finalmente arrivato sono stato chiamato dal preside che ha preteso una spiegazione. Una mmerda, capisci a mia ! Credo che rinuncio e a fine settimana me ne ttorno in Italia, miinchia!” ” Capisco, la tua frustrazione Filippo ma non devi fare così, non ti devi buttare giù! Analizziamo il problema. Tu essenzialmente ti fai un sacco di menate ma in realtà ce n’è una sola : non hai un mezzo di locomozione! La prospettiva di andare al lavoro per due anni in queste condizioni, farebbe perdere la vocazione ad un santo. Ti capisco. Io sono partito dall’Italia con una vettura non perché immaginassi che avrei trovato una situazione simile ma perché volevo avere la possibilità di girarmi in lungo ed in largo questo paese. Ma tu puoi sempre risolvere il problema in loco.” ” Ah sì? E dove cazzo la trovo un’auto? All’autosalone di sta minchia? Oppure la vado a rubbare, la vado? Macché minchia dici? Fottuto sono! Il militare dovevo fare,  non dovevo partire per questo paese  immerda!” Mentre Filippo si incazzava sempre più, il mio cervello viaggiava a tutta birra per trovare una soluzione per evitare che decidesse di  partire, con tutto ciò che comportava. E poi mi trovavo bene con lui e mi sarebbe veramente dispiaciuto che fosse finita così. Improvvisamente ebbi una folgorazione. Mi ricordai che un impiegato della Ong di Roma  che ci aveva sponsorizzato presso l’Epau, che veniva saltuariamente a non fare una benemerita cippa ad Algeri con la scusa di mantenere buoni rapporti con l’Ambasciata  d’Italia e l’Università, e a prendere bei soldi per la sua trasferta, aveva a sua disposizione una Renault R4 che lasciava presso l’Ambasciata quando rientrava in Italia. Ora, l’ ultima volta che era venuto era circa tre mesi fa e sicuramente per altri tre mesi non si sarebbe visto.  Quindi quale migliore idea che andare all’Ambasciata e recuperare la R4? ” Ascolta Filippo, domani mattina andiamo insieme all’Ambasciata. Ti ricordi che quel fesso di Di Puma quando viene a far finta di lavorare qui ad Algeri ha una R4? “” Si certo, e allora?”” E allora gliela freghiamo! E quando verrà a sfasciare le balle, gli proporrai di comprarla a due lire! Tanto a lui serve solo per quella settimana che viene. Per il resto sta ferma nel parcheggio. ” ” Mi sembri matto! E che gli raccontiamo al carabiniere in forza all’Ambasciata che ha le chiavi? ” “Tranquillo andiamo con un cavo di traino e gli diciamo che la dobbiamo portare dal meccanico su richiesta del Di Puma perché ha dei problemi al motore. Lui non può ricordarsi anche perché è una new entry, è arrivato solo un mese fa e neanche conosce il soggetto. Fidati, al massimo andiamo a piangere dall’ambasciatore! e gli spieghiamo tutto! Dai, sto scherzando! Andrà tutto bene liscio come l’olio!” 

La mattina seguente salimmo ad El Biar dove si trovava l’Ambasciata Italiana.  Suonammo al citofono :” Salve siamo  l’architetto de Robertis e l’architetto Pacino, lavoriamo con la Cooperazione presso l’Università, ci può aprire per favore? ”  Il suono delllo scatto della serratura, ci indicò che ci avevano aperto. Entrammo e lentamente ci dirigemmo verso l’edificio posto ad una ventina di metri dalla recinzione. Sulla sinistra c’era il parcheggio delle auto e in mezzo  a due vetture blu con la bandierina italiana sul parafango, c’era la Renault dei nostri sogni. ” Buongiorno, di cosa avete bisogno? ” ” Siamo venuti a ritirare la vettura di Di Puma per portarla dal meccanico perché ha dei problemi di accensione e ci ha pregato di sistemargliela prima del suo ritorno” ” Di Puma? E chi è?” “Lei deve essere nuovo, Appuntato, Il Dott. Di Puma è il responsabile del progetto di cooperazione italoalgerino con l’Università. Viene periodicamente a fare dei sopralluoghi per verificare lo stato dell’arte del progetto. Il Brigadiere Ansalone che ricopriva il suo posto fino al mese scorso, era un suo grande amico. Andavano a giocare tennis insieme! Ma, capisco, chieda chieda pure a chi di dovere. “In quel mentre, dalle scale che conducevano al piano superiore, scese il cancelliere. ” Carissimo dott. Bentivoglio come sta? È un pezzo che non ci vediamo. Le posso presentare L’Arch. Pacino, è arrivato qualche settimana fa e ha preso il posto di Franco Buncuga all’Epau.” Il caramba spostava lo sguardo da me al cancelliere e poi a Filippo. “Buongiorno Architetto, si è un po’ che non ci vediamo, magari venerdì prossimo faccio  un salto a Bainem e se ha pescato qualcosa porto un bel vinello bianco italico!” ” Proprio  quello che volevo dirle, ho preso una bella ricciola proprio ieri e quindi rimaniamo  d’accordo che ci vediamo venerdì verso le 19. A proposito, eravamo venuti per prendere la macchina di Di Puma per portarla dal meccanico. Il piantone non ci conosce e giustamente voleva sapere se poteva darci le chiavi. ” “Sannipoli, dia pure le chiavi della R4 all’architetto, non ci sono problemi!” “Perfetto allora ci vediamo venerdì sera”. Uscimmo tutti nel parcheggio ed io andai a recuperare la Land Rover che avevo lasciato fuori. Filippo salì nella macchina, attaccai  il cavo al gancio di traino e in pochi istanti uscimmo dall’Ambasciata. Arrivati dietro l’angolo, sganciai il cavo, Filippo mise in moto e ci inoltrammo per vie secondarie verso Bainem attraverso la strada che passava nella foresta. Missione compiuta!

Fabrizio de Robertis

Di the milaner

foglio informativo indipendente del giornale

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