Il dovere dell’accoglienza come “meritata pena” per purgare finalmente le colpe dell’Occidente colonialista. È così che i sostenitori della globalizzazione sponsorizzano la necessità di accogliere più migranti, con un misto di progressismo buonista e pseudocattolicesimo che va a toccare le corde del senso di colpa collettivo. Peccato che l’Occidente si appresti a depredare per l’ennesima volta l’Africa e i paesi più poveri come ha sempre fatto finora. La famosa “rivoluzione verde”, ad esempio, ha bisogno di coltan (indispensabile per produrre batterie elettriche), che viene estratto in Africa con lavoro quasi da schiavi, prima di venire trasformato nelle fabbriche dei Paesi ricchi per dare ai loro cittadini la possibilità di acquistare un’auto elettrica e sentirsi a posto con la coscienza per aver contribuito a salvare il pianeta. In cambio, gli stessi Paesi ricchi si dispongono ad accogliere giovani disperati, che andranno a raccogliere pomodori a 2 Euro l’ora, perché il pomodoro arrivi sulle nostre tavole al prezzo che vogliamo
Ieri come oggi una ristretta minoranza bianca si appresta all’ennesima depredazione dell’Africa, che anche stavolta pagherà il prezzo del benessere occidentale.

Lo strombazzano forte, “il dovere dell’accoglienza“: sarebbe la maniera per purgare finalmente le colpe dell’Occidente colonialista, che per secoli ha invaso, depredato e assai di sovente represso con il sangue la resistenza delle popolazioni.

Così come gli Europei erano arrivati a migliaia, incontrollabili, varcando frontiere esistenti solo nella identità delle varie popolazioni residenti, sconvolgendone le abitudini e le identità secolari, non solo per sfruttare le ricchezze locali e farne commercio esclusivo, ma anche per dare sfogo alla pressione demografica interna che non trovava possibilità di lavoro all’interno.

Così, oggi, il flusso della emigrazione si presenta invertito.

Una volta erano gli Occidentali che si muovevano, sotto la guida dei rispettivi Governi, alla ricerca di giacimenti minerari, per sfruttare le risorse agricole ed intercettare i traffici: le varie Compagnie delle Indie erano vere e proprie organizzazioni commerciali e finanziarie: anche allora, ci si spostava da Paesi considerati “poveri” verso quelli ritenuti “ricchi”, da conquistare e depredare.

L’età della decolonizzazione, imposta con la Carta Atlantica dall’America di Roosevelt alla Gran Bretagna per smantellarne l’Impero come contropartita per la fornitura di armi e sussidi finanziari per consentirle di resistere alla enorme pressione militare nazista, è durata ben poco: ad uno ad uno, gli Stati che sono stati liberati dal giogo politico occidentale sono stati riconquistati.

Il movimento “panarabista“, laico e terzomondista, che si andava formando a partire dagli anni Cinquanta al di fuori dei Blocchi, non faceva comodo a nessuno: era così per l’Egitto di Nasser e per la Persia di Mossadeq, per non parlare dell’Iraq di Saddam Hussein e della Libia di Gheddafi: erano assolutamente incontrollabili. Inutile citare i casi numerosissimi dei leader africani corrotti, sostenuti come fantocci dalle Compagnie occidentali, e degli altri ribelli che sono stati eliminati, nel silenzio generale. Armando una fazione contro l’altra, soffiando sul fuoco dei contrasti tribali, l’Occidente ha mantenuto così il suo controllo sostanziale. Meglio le guerre tra sciiti e sunniti, meglio dividere il mondo arabo con guerre di religione, conflitti insanabili: l’Occidente sa il fatto suo.

Peggio ancora, è stata adottata una sorta di politica dello scambio: “Aid for Trade“. A partire dal 2007, sotto l’egida del FMI, gli aiuti finanziari dei Paesi Occidentali ai Paesi poveri sono stati condizionati all’apertura dei loro mercati: si è data loro l’illusione di partecipare alla pari ai benefici del mercato mondiale, ma in realtà li si è obbligati a vendere le materie prime e soprattutto i minerali rari, all’Occidente in cambio dell’acquisto di manufatti e di servizi.

Basta un solo esempio per chiarire cosa succede: il coltan è indispensabile per le batterie, ma viene estratto in Africa con il lavoro quasi schiavile di decine di migliaia di fanciulli in Congo, per essere poi trasformato dalle fabbriche dei Paesi ricchi e dare ai loro cittadini la possibilità di passare alla mobilità elettrica.

Automobili ad alimentazione elettrica, che costano il triplo o il quadruplo di quelle alimentate a benzina o a gasolio, coronano il sogno ecologico della mobilità ad emissioni zero: l’Occidente si vanta ancora una volta di essere dalla parte del giusto, del buono, del civile. Ma all’Africa, che non produce CO2, che cosa ne viene?

Tutto si cela, dunque, dietro il buonismo dell’accoglienza del migrante, un altro traffico di donne e di uomini che depreda l’Africa e gli altri Paesi poveri delle generazioni più giovani, di coloro che sfidano tutto, e che pagano profumatamente i trafficanti, per raggiungere l’agognato Occidente. Dove saranno ospitati nei centri di identificazione e smistamento, per poi finire nelle periferie urbane a fare l’elemosina, a diventare manovalanza per i racket di vecchie e nuove mafie, oppure nelle campagne per raccogliere ortaggi e frutta.

E sì, che la manodopera a 2 euro l’ora serve! Serve perché i pomodori raccolti a cassette da dieci chili, e pagate dall’intermediario a cinque euro se va bene, finiscono nei negozi ad un prezzo enormemente più alto: da mezzo euro al chilo, quanto è stato il prezzo incassato dal produttore, si va ad un euro nei mercati delle aree agricole circostanti, per salire a due euro ed anche di più nei negozi delle città. Il prezzo del pomodoro si raddoppia, si triplica, si quadruplica in poche ore: questo è il vero business dell’oro rosso.

Le anime candide, quelle che vanno con nonchalance sul monopattino elettrico, che girano con la bicicletta con la pedalata assistita, e che si inorgogliscono per l’acquisto di una vettura trazione elettrica integrale, leggendo i giornali si illudono che l’accoglienza degli emigrati che fuggono dalla povertà sia un dovere morale prima ancora che civile: senza neppure saperlo. Purtroppo, sono innocentemente conniventi rispetto ad una nuova stagione di sfruttamento coloniale.

L’editoriale di Guido Salerno Aletta (https://telegra.ph/EMIGRAZIONE-SELVAGGIA-SOTTOSVILUPPO-E-CARIT%C3%80-PELOSA—Un-neo-colonialismo-buonista-si-cela-dietro-lo-sfruttamento-dei-Paesi-pove-06-26).

Di the milaner

foglio informativo indipendente del giornale

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