Unicredit sarà la prima banca italiana ad applicare tassi d’interesse negativi sui depositi. Scatteranno, come annunciato ieri dall’ad, Jean Pierre Mustier, sui conti correnti superiori ai 100.000 euro, a partire dal 2020. Ma cosa significa? Quali sono le ricadute su istituti e correntisti? Ecco quello che c’è da sapere.
CHE SIGNIFICA AVERE TASSI NEGATIVI Normalmente chi compra dei titoli di Stato o deposita dei soldi in una banca viene remunerato con un tasso di interesse. Il tasso negativo significa invece che per comprare un titolo di Stato o depositare una certa somma in banca, occorre pagare qualcosa. Nel caso del tasso di deposito della Bce, sono le banche che, per depositare i loro soldi su un conto della banca centrale, devono pagare.
Nel caso dei conti correnti bancari, saranno i risparmiatori a dover remunerare la banca. Apparentemente è un’assurdità. In realtà non è proprio così. I titoli di Stato decennali e trentennali tedeschi e svizzeri sono gli unici, insieme a quelli della Danimarca, a essere negativi, ma sono anche particolarmente sicuri. Dunque, in tempi difficili, rappresentano una garanzia per i risparmiatori. Cioè l’investitore, per comprare un titolo che non si svaluta, è anche disposto a pagare. Ma ha un senso applicare tassi negativi al correntista di una banca?
COSA SI E’ GIA’ FATTO SUI TASSI NEGATIVI BANCARI ALL’ESTERO La tassa sui depositi, anche se limitata alle giacenze particolarmente elevate, è già realtà in Svizzera e Danimarca (dove i tassi sono ancora più bassi rispetto all’Eurozona) ed è anche diffusa in diverse realtà regionali tedesche. In Italia Unicredit è stata la prima a partire e ora sta studiando il modo di applicare i tassi negativi a un ‘target’ di grandi aziende e di alcuni grandi clienti, con depositi “ben al di sopra” dei 100.000 euro.
Ma cosa si è già fatto in questo senso in Europa? In Germania a dare fuoco alle polveri ci hanno già pensato alcune realtà regionali tedesche come Berliner Volksbank oppure Raiffeisenbank im Oberland. La berlinese Volksbank, la seconda più grande banca cooperativa tedesca, ha iniziato ad applicare un tasso del -0,5% su depositi superiori a 100.000 euro. In Svizzera invece Ubs ha effettivamente deciso di caricare a partire i clienti più abbienti (quelli che mantengono sul conto giacenze superiori ai 2 milioni di franchi svizzeri) con un tasso negativo dello 0,75%, lo stesso applicato dalla Banca nazionale svizzera sui depositi.
In questo caso si è seguito l’esempio di istituti di credito elvetici di dimensione più ridotta come Julius Baer, Pictet, Lombard Odier, oltre che di alcune banche cantonali, e si è aperta la strada all’altro colosso svizzero, Credit Suisse, che sta pensando a una soluzione simile dopo aver caricato i conti denominati in euro oltre la soglia del milione. Inoltre le danesi Jyske Bank e Sydbank si muovono in linea con il -0,75% applicato dalla locale Banca centrale.
LE RIPERCUSSIONI DEI TASSI NEGATIVI SUI MUTUI Un altra ricaduta, apparentemente paradossale, dell’introduzione dei mutui negativi da parte delle banche è quella sui mutui. È il caso della la Jyske Bank, la terza banca danese, che è stata la prima in Europa a offrire mutui ipotecari a un tasso di interesse negativo, pagando di fatto i suoi clienti per prendere in prestito denaro per l’acquisto di una casa.
In sostanza i suoi clienti saranno in grado di contrarre un mutuo a tasso fisso a 10 anni con un tasso d’interesse di -0,5%, il che significa che rimborseranno meno dell’importo preso in prestito. In parole povere, se si comprasse una casa per 1 milione di dollari e si pagasse per intero il mutuo in 10 anni, si restituirebbe alla banca solo 995.000 dollari.
Come è possibile? Innanzitutto, fanno notare gli analisti, le banche spesso addebitano commissioni legate al prestito, il che significa che i proprietari di case si troverebbero comunque a sborsare di più rispetto all’importo prestato. Ma c’è un’altra motivazione, ben più valida. Gli analisti sostengono che la paura e l’incertezza che stanno introducendo sui mercati le tensioni commerciali tra Stati Uniti e Cina e il caos Brexit, stiano determinando un forte pessimismo tra gli investitori per il prossimo futuro. Per questo motivo, alcune banche sono disposte a prestare denaro a tassi negativi, accettando una piccola perdita piuttosto che rischiare una perdita maggiore prestando denaro a tassi più elevati che i clienti poi non riescono a soddisfare.
IL CASO ITALIANO E I DUBBI DEGLI ESPERTI In Italia finora le banche hanno risposto alla politica di tassi negativi della Bce incrementando le spese e le commissioni. Quella di Mustier rappresenta la rottura di un argine. Ma molti esperti, come per esempio quelli di Mediobanca, sono scettici: “Non si vede come il trasferimento di tassi negativi sulla base di clienti possa stimolare gli investimenti, dato che a spingerli sono ragioni industriali piuttosto che una logica finanziaria. Siamo scettici anche sui possibili benefici per la redditività delle banche, poiché l’applicazione di tassi negativi potrebbe scatenare una concorrenza più intensa sui prezzi, specialmente sui prestiti alle imprese e in particolare in un paese come l’Italia in cui la crescita dei prestiti è ferma da anni”.
Finora le banche italiane hanno resistito a lungo a trasferire i costi dei tassi negativi alla clientela, preoccupate dal rischio di scatenare una più forte concorrenza sui tassi e dalla possibilità che i clienti possano cambiare banca. Il segretario generale della Fabi, Lando Maria Sileoni, la pensa proprio così e ritiene che la decisione di Unicredit introduce “un principio che metterà in difficoltà l’intero settore, clienti, imprese, territori e lavoratori bancari. A trarne vantaggio in Italia ci sarebbero le Poste Italiane, che potrebbero raccogliere possibili fughe dalle banche di clienti”. E poi c’è la faccenda della perdita di valore dei soldi depositati in banca e tassati dai tassi negativi. Ciò significa che in teoria 10.000 euro fermi sul conto corrente in 5 anni diventano 8.000 euro. Come salvaguardarsi?
COME EVITARE CHE I DEPOSITI PERDANO DI VALORE Ci sono diverse soluzioni per evitare che i soldi fermi in banca perdano valore. Secondo gli esperti, bisogna innanzitutto che i risparmiatori italiani inizino a rispettare alcune regole. “Come, per esempio, lasciare sempre una piccola somma sul conto corrente per le spese ordinarie – spiega Raffaele Zenti, esperto di finanza e di gestione dei rischi e fondatore di Adviseonly – un importo che, in base al lavoro e allo stile di vita, puo’ essere quantificato dalle 3 alle 5 mensilità.
Il resto va fatto fruttare. E qui entra in gioco il consulente, che può proporre diverse soluzioni in base al profilo del risparmiatore”. Tra queste c’è il conto deposito, per i più prudenti, con tassi anche del 3% sui vincoli a 5 anni. Oppure, chi ama rischiare, può rivolgersi al mercato obbligazionario tra scadenze lunghe e valute o al mercato azionario. Una strategia a metà potrebbe essere quella del dividendo, ovvero comprare i titoli che distribuiscono le cedole più alte. “In tutti questi casi, pero’, bisogna sempre ricordarsi di dedicare un 10-20% a strumenti liquidi e facilmente smobilizzabili (soluzioni di breve periodo come il conto deposito, ma senza vincoli) – conclude Zenti – E di limitare a un 20% massimo l’investimento in strumenti illiquidi”.