LEO NUCCIUN GRANDE NABUCCO

Il 24 ottobre la Scala ha aperto i suoi battenti per lo splendido Nabucco di Giuseppe Verdi. Indiscusso protagonista della serata nella parte di Nabucco, il grande baritono Leo Nucci che ha rilasciato al Corriere della Sera una intervista molto interessante che riprendiamo con molto piacere:

Dici Nabucco e subito si pensa al «Va’ pensiero» e al patriottismo di Verdi. «L’aveva veramente: nel Simon Boccanegra dice che la patria è una dalla Liguria ad Adria: ne ho appena curato la regia a Piacenza, usando una cartina del ‘300; l’Italia non c’era, ma Verdi l’aveva già bene in mente. Poi fa dire al futuro doge che lo scambio di voti porterà ricchezza, potere e onore: purtroppo anche su questo ci aveva visto lungo…». Leo Nucci è il personaggio eponimo dell’opera che torna da stasera alla Scala «il suo primo capolavoro: da lì in poi le ho cantate tutte, Domingo mi ha chiesto perché non le due precedenti; semplice, non mi piacciono, non fossero sue penso che forse non le rappresenterebbero neppure… Però qui nasce il Verdi che amiamo e che rivoluzionò il teatro d’opera: a lui non interessava il Valhalla wagneriano dove si canta con tessiture impossibili e neppure il belcanto dominato dai tenori, a lui interessava la quotidianità, che cosa si mangiava la sera. E lui affida Nabucco al baritono, che parla come canta».

La musicologia riporta però come inizialmente il ruolo fosse pensato per un tenore; fu l’impresario scaligero Merelli a convincerlo a rimodulare il ruolo: «Già, gli disse che non c’erano soldi per il tenore e aveva già lì il baritono Ronconi, che Verdi amava; per questo Ismaele, il tenore, ha una particina. Abigaille e il gran sacerdote, tenore e basso, hanno parti impervie ma sono personaggi convenzionali. Nabucco invece è complesso, ha un’evoluzione che lo cambia totalmente». L’aria simbolo di questo cambiamento è «Dio di Giuda»: «Una preghiera. Una volta dovetti fare un’audizione a un cantante che invece di “l’egra mente” pronunciava “allegramente”: temendo di non aver capito chiesi di rifarlo, ripeté l’avverbio e me ne andai, non aveva capito nulla». Non a caso Nucci ha affrontato questo ruolo tardi: «La prima volta a 52 anni, come Macbeth. Ora sono a più di 200». L’ha cantato anche a cavallo, all’Arena; «qui siamo sulla sabbia, scomoda ma che aiuta a immedesimarci con i quarant’anni o quaranta giorni nel deserto, che sono il purgatorio». «Comunque Verdi poteva nascere solo in Italia», conclude orgoglioso. «Domenica ero a San Martino in strada, vicino a Lodi a ricevere una benemerenza; accanto a me anche un netturbino che, andato in pensione, continua a lavorare gratis, e un fruttivendolo di origini algerine che alla sera dà in beneficenza tutto l’invenduto. Mi sono commosso: questa è l’Italia, questo è il popolo da cui è nato e in cui si è riconosciuto Verdi».

Di THEMILANER

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