Il traghetto della Tirrenia aveva lasciato da pochi minuti la banchina del porto di Napoli in direzione di Tunisi con la mia Land Rover parcheggiata nella stiva,piena di bagagli di ogni genere compreso un piccolo frigo da 80 litri e la mia cagnetta Diana, Finalmente potevo tirare un sospiro di sollievo dato che dopo mesi di tentativi di trovare un contratto di lavoro, di interviste con organizzazioni non governative, di anticamere alla Farnesina negli uffici della cooperazione allo sviluppo, ero riuscito a farmi dare una lettera di ingaggio come professore presso la facoltà di architettura di Algeri (EPAU Ecole Polytechnique d’Architecture et d’Urbanisme)che dovevo recapitare in loco prima dell’inizio dell’anno accademico. Negli anni ’70 se uno voleva fare il servizio civile, non era come al giorno d’oggi. C’era in vigore una legge (Pedini) che ti permetteva di sostituire il sevizio militare con quello civile, solo affrontando una permanenza di 24 mesi trasferendoti all’estero in un paese in via di sviluppo attraverso un programma bilaterale di cooperazione tra il MAE italiano e il paese in questione.Ero riuscito a rimandare la partenza per il CAR svariate volte adducendo i più diversi motivi, ma ormai con i carabinieri sotto il portone, prima che mi ritirassero il passaporto, avevo dovuto “scappare” e rendermi irreperibile sperando di sistemare le cose una volta giù in Algeria.
Dopo circa 24 ore lo sbarco a Tunisi e l’inizio del viaggio in terra d’Africa : quante volte durante i mesi precedenti la partenza mi ero immaginato quei momenti! Il sole accecante e l’aria bollente di quell’inizio settembre del 1978 riempivano i miei occhi e i miei polmoni ma tutto era magico! In quel contesto di odori, confusione, folla urlante sul molo, iniziava per me l’avventura della vita, quella vera, che avevo sempre sognato durante i lunghi anni di studio prima di laurearmi con il massimo dei voti e la lode. Mio padre presente il giorno della discussione della laurea, era uscito correndo dall’aula perché, lui, un militare tutto d’un pezzo, si era commosso quando uno dei professori aveva chiesto a gran voce per me la lode e i complimenti della commissione. Ed io non volevo deludere le sue aspettative ed avevo scelto, pur non avendo nulla contro il servizio militare, di non perdere 24 mesi di tempo, di iniziare subito un’esperienza lavorativa. Non immaginavo quanto questa esperienza avrebbe contato per me negli anni a venire!
La Land Rover ben si adattava alle strade sconquassate tunisine e sobbalzi, buche e traffico caotico mi accompagnavano verso la frontiera di Tabarqua . Qui i militari ansiosi di vedere quello che avevo portato con me mi diedero un primo assaggio di quello che potevano essere i rapporti tra un “bianco” cristiano occidentale e un arabo mussulmano orientale. Auto svuotata, valige aperte con il contenuto rovesciato per terra, attese di ore per sapere se avevo o no il diritto di recarmi in Algeria e soprattutto PERCHÉ volevo andarci. Era circa mezzanotte quando frastornato ho lasciato il posto di dogana per proseguire il viaggio. Faccio un piccolo inciso per dire che tra il posto di frontiera tunisino e quello algerino, non ci sono alcun decine di metri bensì circa 30 km che si snodano in mezzo a boschi di querce da sughero in una zona che è ” terra di nessuno” (oggi si direbbe una buffer zone), pericolosa e mal frequentata. Ma questo io non lo sapevo.
Al mattino presto l’arrivo alla frontiera algerina di Oum Tboul. Quattro doganieri assonnati mi hanno chiesto i documenti e dopo avermi fatto un po’ di storie per il frigorifero che avrebbero voluto volentieri trattenere per portarselo a casa, hanno timbrato tutto ciò che si poteva timbrare tra il passaporto e i documenti al mio seguito, e finalmente sono entrato in Algeria. (Avrò modo negli anni a seguire, di rendermi conto di come la ex colonia francese avesse assorbito dalla ex madre patria tutta la burocrazia e la gerarchizzazione della pubblica amministrazione con dei risultati a dir poco allucinanti).
Mentre guidavo cercando di catturare con gli occhi ogni singolo elemento che sfilava lungo il tragitto, cercavo di immaginare quello che poteva essere ormai il mio futuro in quella terra. E fantasticavo di viaggi nell’interno alla scoperta del deserto e delle oasi, del mare ricco di pesce e quasi vergine. Mi immaginavo di stringere amicizie con la gente del luogo e di imparare la loro lingua, di conoscere i loro usi e costumi e di studiare la loro cultura.
Una brusca frenata per evitare un asino in mezzo alla carreggiata, e una sbandata pericolosa mi riportarono alla realtà. Stava facendo buio e dovevo trovare un posto dove fermarmi.