Come è vero che l’incontro con i tuoi insegnanti puo’ dare una impronta alla tua vita.. ebbi Tenchio a Oggiono negli anni settanta come professore di Educazione Artistica (allora si chiamava così) alle Scuole Medie. In quegli anni per me era solo il professor Tenchio, non immaginavamo certo il grande valore artistico e umano di questa persona, ma lui era uno di quei professori che ti facevano innamorare dell’Arte.
Oggi mi piace ricordare e rendere merito all’artista che ho avuto il privilegio di conoscere, con una rassegna di foto delle sue opere che ho scattato io stessa alla mostra “Una classicità immaginaria” tenutasi nel 2018 al Museo Archeologico di Como.
Rosa Maria Corti
Note biografiche dell’artista
Angelo Tenchio (Gera Lario 1943- Como 1994). Dopo aver frequentato la scuola di avviamento professionale di Dongo, si iscrive a Brera per poi seguire il corso di scultura di Marino Marini, quelli di tecniche del marmo di Romano Rui e quindi quelli di pittura e di incisione di Domenico Purificato e Giovanni Repossi. Nel 1966 partecipa ai concorsi di pittura di San Pellegrino Terme e di Chiavenna, vincendo in entrambi il primo premio. Dal 1963 comincia ad insegnare e a esporre. Si trasferisce a Como dove ha contatti con gli astrattisti di fama consolidata (Mario Radice, Carla Badiali, Aldo Galli) e con i più giovani pittori emergenti (Giuliano Collina, Giorgio Bellandi, Paolo Minoli, Nicola Salvatore) e affermati scultori (Francesco Somaini e Eli Riva). Lo studio di via Borgovico diventa un luogo di incontro e di discussione per molti studenti, amici e colleghi dell’area lombarda e del Ticino (tra cui Max Huber, Aoi Huber Kono, Italo Valenti e Mario Negri). Fra le sue opere, a partire dalla fine degli anni settanta, la serie di sculture dedicate ai Giardini, ai Bestiari, ai Totem, alle “Poulie” o pulegge, destinate a suscitare sensazioni e reazioni, memoria di un mondo contadino al quale forse l’artista guardava con un po’ di nostalgia. Scalpello e sgorbia hanno dato vita nelle sue mani a forme pulite anche se irregolari, qualche volta rese più plastiche da un tocco di colore atto a rendere l’opera più incisiva. Tra gli anni Ottanta e Novanta, guardando alla statuaria greca e romana, hanno visto la luce invece opere d’una classicità immaginaria.
Poesia attinente Portrait d’antan con frammenti di sé