Di Cesare Sacchetti

Da La cruna dell’ago.

La notizia ovviamente non è stata data dai media mainstream Occidentali ai quali se si dà uno sguardo in questi giorni si viene sommersi da un fiume di propaganda sionista che sgorga direttamente dalle centrali di intelligence israeliane.

L’ultimo più clamoroso caso è quello dei neonati israeliani decapitati in un kibbutz, una storia che condivide delle similitudini con un’altra di 33 anni fa, quando Nayirah al-Ṣabaḥdisse che i soldati iracheni stavano prelevando i neonati dagli ospedali del Kuwait per gettarli sul pavimento e lasciarsli lì a morire agonizzanti.

Non c’era nulla di vero perché dopo emerse che la ragazza in questione non era altri che la figlia dell’ambasciatore del Kuwait e la sua testimonianza era falsa da capo a piedi.

È falsa ovviamente anche la storia dei neonati decapitati in un kibbutz, e a smentire tale menzogna è stata persino la stessa “giornalista” Nicole Zadek che l’ha riportata forse resasi conto di averla fatta troppo grossa.

La notizia di cui si accennava all’inizio è quella invece riportata dai media iraniani che sembra essere attendibile soprattutto alla luce di quanto avevamo osservato pochi giorni fa quando ci era capitato di scrivere la storia di Hamas.

L’agenzia di stampa iraniana Tasnim riferisce di aver parlato con un esponente del governo palestinese che gli avrebbe fornito una rivelazione clamorosa.

L’attacco lanciato da Hamas in questi giorni, secondo tale fonte, sarebbe stato lanciato attraverso la collaborazione di diverse parti dell’esercito israeliano.

palestinese descrive un quadro di collaborazione tra elementi delle forze armate israeliane e Hamas che non sembra essere qualcosa di estemporaneo.

Si starebbe parlando in questo caso di un legame che esiste e che va avanti da diversi anni che vede le due parti collaborare e coordinarsi per consentire ad Hamas di lanciare i suoi attacchi nei tempi e nei modi migliori.

Non sarebbe affatto avventato affermare che senza queste informazioni i militanti di Hamas non sarebbero affatto in grado di lanciare con successo le loro sortite contro lo stato ebraico.

E questa intesa non riguarda solamente il campo dell’intelligence ma anche quello della fornitura di armi.

Hamas si trova in questa situazione da qualche anno. Quando gli israeliani hanno eretto un muro al confine tra Israele ed Egitto, i militanti islamisti hanno cercato le armi di cui avevano bisogno vicino alla striscia di Gaza, e le hanno spesso trovate.

Negli ultimi anni si sono registrati diversi furti di armi nelle basi militari israeliane. È quanto accaduto, ad esempio, il 16 dicembre del 2021, quando nella base militare di Eskanderuni, nel Nord della Palestina furono sottratti 100,000 proiettili come riportato dalla stessa televisione israeliana canale 13.

Non è stato questo l’unico furto di armi che si è verificato nel Paese. Due anni prima di questo episodio, in una base militare della Galilea Occidentale sono spariti 46 fucili d’assalto M-16.

Fucili d’assalto che sono stati poi utilizzati da Hamas nelle sue operazioni negli ultimi anni.

E prim’ancora di questo furto, nel 2013, Haaretz, quotidiano israeliano di area progressista, riportò che erano state sottratte armi ben più pesanti degli M-16 come i missili anti-carro Gil che vengono appunto utilizzati contro i carri armati israeliani.

Ora le ragioni dei furti non sono state mai realmente chiarite. Sussiste l’ipotesi che ci siano frange dell’esercito israeliano con scarso attaccamento alla divisa e che abbiano messo su un loro giro di traffico di armi per ragioni ovviamente di lucro personale.

Oltre a questa situazione sembra essere diffuso nelle forze armate israeliane il consumo di sostanze stupefacenti.

Una dipendenza che porterebbe diversi soldati israeliani a vendere il proprio equipaggiamento ad Hamas in cambio di soldi o droga.

Il fatto che ci siano delle frange infedeli non spiega però come le strutture di intelligence di Israele non intervengano per porre rimedio a questa situazione.

Israele ha almeno tre principali agenzie di intelligence: lo Shabak, noto anche come Shin Bet, che si occupa di sicurezza interna, l’Aman, l’intelligence militare e il famoso, o famigerato, Mossad, che si dedica alla sicurezza esterna del Paese.

Il traffico di armi a favore di Hamas, come si è visto in precedenza, non va avanti da un giorno e appare difficile che nessuna di queste tre agenzie, conosciute per la loro efficienza, si sia mai accorta di nulla e non sia mai intervenuta per rimuovere le frange infedeli nell’esercito.

Appare poi irrealistico pensare che tutto l’apparato di sorveglianza che c’è intorno a queste basi militari non sia stato in grado mai di registrare il furto delle armi in questione.

Israele è quello Stato dove ogni centimetro di terra è presidiato militarmente e dove esiste una massiccia sorveglianza tanto che alcuni affermano, ironicamente, che persino un sasso può essere una spia della intelligence israeliana.

In un contesto laddove il Grande Fratello di Tel Aviv controlla tutto appare davvero surreale che dei militari riescano a sfuggire a questa estesa rete di sorveglianza.

In questo caso, dunque non si può non prendere in considerazione l’ipotesi che non ci siano degli elementi infedeli ma che ai piani alti, compreso il primo ministro Netanyahu e il ministro della Difesa Yoav Gallant sappiano perfettamente quello che sta accadendo con questa collaborazione tra Hamas e le forze armate israeliane.

Hamas infatti come si spiegava in uno degli ultimi contributi ha ricevuto sin dagli inizi i fondi del governo israeliano.

L’idea di Israele era quella di costruire una opposizione controllata di natura violenta che potesse sostituire l’OLP di Arafat.

La radicalizzazione dell’opposizione ad Israele è proprio quello che vuole la parte conservatrice del sionismo messianico.

Attraverso le sortite di Hamas, il governo di Netanyahu ha il pretesto necessario per poter lanciare gli attacchi che periodicamente lancia contro la striscia di Gaza.

Attacchi che colpiscono e uccidono civili e il fatto che siano proprio questi gli obiettivi di Israele viene confermata dalla strategia dello stato ebraico.

Tel Aviv in questi giorni ha annunciato il distacco della corrente elettrica ai civili che vivono a Gaza.

Non si vuole colpire Hamas. Israele sa tutto di Hamas. Conosce i nomi dei loro leader e soldati. Conosce i luoghi dove si nascondono e vista la collaborazione che c’è con questa, Israele potrebbe, se lo volesse, distruggere in qualunque momento Hamas.

Non è però questo ciò che vuole Netanyahu e la destra del Likud. Il Likud ha bisogno di Hamas altrimenti verrebbe meno quel formidabile pretesto che consente ad Israele ogni volta di bombardare innocenti palestinesi.

C’è un solo disegno che alla fine conduce direttamente al piano di espansione territoriale della cosiddetta Grande Israele che vedrebbe Israele non solo annettere Gaza ma anche i territori dei limitrofi Stati arabi.

È un piano imperialista e folle, ma questa è la visione che governa lo spregiudicato Netanyahu e i suoi sodali della setta sionista dei Chabad Lubavitch.

Questa notizia, completamente taciuta dai media Occidentali, ci riporta ad un documento pubblicato da Wikileaks qualche tempo fa nel quale si rivelava come nel 2006 l’allora direttore della intelligence militare, il maggiore generale Amos Yadlin, volesse che Hamas prendesse il controllo di Gaza in modo così da poter dichiarare Gaza poi una “entità ostile” e iniziare bombardamenti a tappeto sulla zona.

Questo è proprio quello che accadde dopo che Hamas vinse le elezioni e formò il suo governo nel 2007.

Nel dicembre del 2008, Israele lanciava la più grande offensiva di sempre della storia contro Gaza, che potrebbe essere superata forse da quella lanciata in questi giorni.

Siamo di fronte quindi alla logica del conflitto controllato. Siamo di fronte alla logica che l’11 settembre del 2001 consentì a George Bush e al gruppo di sionisti neocon che governava la sua amministrazione di invadere l’Iraq e l’Afghanistan attraverso il falso pretesto che bin Laden aiutato dai talebani e da Saddam Hussein avesse attaccato le Torri Gemelle.

Attacchi che per lo loro caratteristiche non potevano essere attuati senza una massiccia partecipazione delle varie agenzie di intelligence americane come spiegò correttamente l’ex presidente della Repubblica, Francesco Cossiga.

Quella che vediamo con Hamas è la stessa logica. Vediamo che piuttosto che lavorare attivamente per sventare i colpi di Hamas, l’apparato di intelligence israeliano lavora con questa per consentirgli di attuare le sue azioni e innescare poi la reazione voluta da Israele che altro non vuole che un genocidio del popolo palestinese.

Questo è quello che non viene raccontato al pubblico Occidentale e questa è la logica sulla quale lo stato profondo dell’anglosfera ha potuto scatenare le sue guerre in giro per il mondo sorreggendole con un castello di menzogne.

Un castello che però sembra essere sempre più fragile e instabile perché oggi, soprattutto dopo la farsa pandemica, sono sempre di più coloro che hanno voltato le spalle ai media e non credono più a questo fiume di bugie.

Il mondialismo in ogni sua forma e derivazione è arrivato ad un punto tale che non riesce più ad imporre la sua falsa narrazione come ci riusciva con assoluta facilità 20 o 30 anni fa.

È anche questo elemento che sta portando al crollo di questa ideologia così intrisa del pensiero massonico e anticristico che minaccia l’umanità intera. I popoli hanno smesso di credere ciecamente a ciò che il potere del globalismo ha raccontato loro per molto e troppo tempo.

Di the milaner

foglio informativo indipendente del giornale

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