In risposta alla richiesta di un lettore che sentendo che Elly Schlein è ebrea ashkenazita chiede lumi

di Vincenzo Rampolla

La differenziazione è prettamente geografica, senza elementi di particolare rilievo.

Esistono diversità di tradizioni legate alla provenienza della comunità, con sottogruppi distinti all’interno degli aschenaziti e dei sefarditi.

Gli ebrei aschenaziti sono i discendenti delle comunità ebraiche di lingua e cultura yiddish stanziatisi nel medioevo nella valle del Reno. In ebraico medioevale Aschenatz era il nome della regione franco-teutonica del Reno e aschenazita significa germanico. Numerosi ebrei aschenaziti che emigrarono in Germania dall’Italia meridionale hanno dato origine nel IX secolo a una parte consistente delle molteplici comunità aschenazite renane. 

Secondo la Bibbia Aschenaz era nipote di Jafet e formò un popolo che fin dall’VIII sec a.C. viveva in Asia Minore e sulle coste del Mar Nero, nei territori occupati dagli Sciiti e dagli Slavi, in particolare i Cimmeri, designati come aschenazi. Dal III secolo d.C. gli aschenazi dell’Ucraina e Crimea si convertirono al giudaismo e a partire dall’XI secolo furono considerati aschenazi i popoli di religione giudaica che parlavano yiddish, vivevano nell’Europa orientale e che si erano uniti agli ebrei della diaspora. 

Formarono le comunità della Renania e del Palatinato del Sacro Romano Impero nate con l’ultima ondata di ebrei che avevano abbandonato la Palestina a causa della proibizione imposta loro dagli Arabi di lavorare la terra con i discendenti degli aschenaziti che vivevano nei regni orientali slavi di Russia, Polonia e Lituania. Nei secoli successivi formarono oltre alle comunità in Germania e Francia orientale nuove comunità nell’Italia del nord, Paesi Bassi, Ungheria, Polonia, Russia, Ucraina e altri paesi dell’Europa Orientale. Aschenazita è pertanto sinonimo di ebreo orientale, del nord est Europa e nei due secoli XVIII e XIX ha dato vita a un forte flusso migratorio aschenazita verso gli Usa.

Quelli che molti chiamano sefarditi sono ebrei dei paesi Arabi, che andrebbero chiamati più propriamente orientali (mizrachim). Sefarditi significa letteralmente spagnoli e sarebbero quelli che hanno mantenuto il rito che si usava in Spagna e Portogallo al tempo della cacciata del 1492. In realtà il rito spagnolo è stato mantenuto in poche comunità isolate (es. Amsterdam, Istanbul), si è mescolato in parte con i riti locali (Roma, Livorno) e ha avuto una ridotta influenza su tutte le comunità dal Marocco all’Afghanistan, ma con una forte componente cabalistica. Per questo va detto che i confini della loro distribuzione non sono ben definiti.

Comunque sia ci sono alcune differenze minori di rito, dovute alle diversità di tradizione. Queste hanno significato solo per ebrei molto osservanti, ma per gli altri spesso non sono neppure conosciute. Sono in parte antiche (secondo la controversia tra Shulkhan Aruch e Rama), e in parte più moderne (esiste tra i sefarditi una tendenza maggiore a adottare pratiche cabalistiche). Valgono alcuni esempi:

  • I sefarditi mangiano legumi a Pesach (Pasqua), a differenza degli aschenaziti.
  • Per i sefarditi è più importante controllare l’interno dei polmoni degli animali che vengono macellati e ci sono carni che potrebbero non essere kasher per i sefarditi che lo sono per gli aschenaziti.
  • Nel periodo di Elul (mese lunare mancante di 29 giorni, corrispondente al periodo agosto-settembre), i sefarditi recitano le selichot per un mese, gli aschenaziti per una settimana.

Le selichot sono preghiere ebraiche penitenziali, recitate specialmente nel periodo che precede le feste solenni e nei giorni del digiuno. Vanno solitamente dette tra la mezzanotte e l’alba. Nella tradizione sefardita, la recitazione delle selichot in preparazione delle grandi festività inizia il secondo giorno del mese ebraico di Elul. Nella tradizione aschenazita, inizia il sabato sera prima di Rosh Ha Shanah (Capodanno ebraico). Se però il primo giorno di Rosh Ha Shanah cade di lunedì o martedì, le selichot vengono dette il sabato sera precedente, per assicurarsi che siano recitate almeno quattro volte. 

ll termine selichot si riferisce sia ai componimenti poeticipiyyutim che fanno parte del servizio liturgico che al servizio stesso. I servizi sefarditi sono identici per ogni giorno. Nella tradizione aschenazita invece si recitano testi differenti e in giorni differenti. Sebbene il testo e la lunghezza delle specifiche preghiere possa variare da un giorno all’altro, il contenuto nel suo insieme rimane invariato.

L’accensione dei lumi di Shabbat costituisce un caso di mizwà (precetto) che viene effettuata anche per onorare lo Shabbat nel luogo dove si dimora, poiché ognuno ha l’obbligo di accenderli nel luogo dove risiederà il venerdì sera. 

Sefarditi e aschenaziti hanno diverse regole. Il figlio sposato, ad esempio, ospite con la famiglia sefardita presso la casa del padre, potrà accendere i lumi nella camera dove dormirà con la moglie o in un’altra stanza dove i genitori non li accendono. Ciò è consentito solo se la coppia abbia avuto una camera riservata per loro. In altri casi sarà la moglie ad accendere i lumi nella stanza dove lo fa abitualmente la suocera. 

Per gli aschenaziti la regola è diversa: questi potranno accendere con la benedizione i lumi in qualunque stanza.

Di THEMILANER

foglio informativo indipendente dell'associazione MilanoMetropoli.org

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.