Quella sera c’era un bel gruppo di veneti chiacchieroni che facevano un gran casino in veranda durante la cena. La musica di sottofondo soft sulle note di Joe Cocker, era sovrastata dalle loro risate sguaiate. Gli altri ospiti, un paio di coppie situate alle due estremità della sala, sembravano però non fare troppo caso al rumore. Le candele accese in mezzo ai tavolini davano un impressione comunque di tranquillità. La serata era punteggiata dalle lucciole che ogni tanto entravano dalle finestre aperte e lampeggiavano all’interno come tante stelline. La giornata era stata calda ed ora piacevolmente gli ospiti durante la cena approfittavano della brezza che da est entrava nella veranda. Tutto ciò per dire che i finestroni a tutta altezza erano completamente aperti per garantire una temperatura gradevole.

Nelle rare pause di silenzio dovute solo al fatto che i veneti stavano trangugiando quantità astronomiche di cibo e quindi avendo la bocca occupata non parlavano, si potevano udire i richiami degli allocchi in prossimità del bosco e i bramiti dei caprioli.

Quando verso le 22 anche gli ultimi ospiti lasciarono la sala, mi affrettai a sparecchiare il loro tavolo e mi misi alacremente al lavoro per preparare per le colazioni del mattino. Era quasi una corsa contro il tempo perché non vedevo l’ora di farmi una birretta con Cristina, buttare giù nello stomaco qualche cosa e andare a pormi in posizione orizzontale dopo una giornata faticosissima.

Quella sera, dopo che avemmo finito di caricare la lavastoviglie e preparare i tavoli, decidemmo che la birra ce la saremmo bevuta seduti sui gradini prospicenti la veranda per goderci quell’arietta fresca prima di andare a letto. Al mattino i veneti ( quattro coppie) entrarono per far la prima colazione alla spicciolata, ancora saturi dei fumi del vino della sera. Le altre due coppie arrivarono pochi minuti dopo le 9,30 e si sedettero al loro tavolo. 

A questo punto devo descrivere come era arredata la veranda addossata alla parete della casa. Lunga una decina di metri e larga quasi quattro, avevamo preparato un tavolo lungo centrale posto a fianco delle vetrate,  per le quattro coppie e due tavoli alle due estremità addossati invece vicino alle pareti in pietra. Un buffet per i piatti con una vetrina  soprastante si trovava appoggiato alla parete giusto prima del tavolo da due persone posto vicino all’entrata. Quindi i due ragazzi  che si erano seduti a quel tavolo, uno aveva dietro le spalle la vetrinetta, e l’altro ce l’aveva di fronte.

Tutto questo prologo per spiegare la scenografia…. Quando portai loro il caffè, mi trattenni a chiacchierare alcuni istanti; mi chiedevano informazioni sui dintorni, volevano fare un’escursione. Mentre mi dilungavo in spiegazioni e consigli, colsi con la coda dell’occhio un movimento sopra la testa del ragazzo che mi parlava, ad una cinquantina di centimetri più in alto vicino alla credenza. Non feci molto caso, anzi continuai nelle spiegazioni sul tragitto. Un momento dopo mi recai a vedere se gli altri ospiti avevano bisogno di qualcosa. Quando ritornando passai davanti al tavolo dei due ragazzi, lei mi chiese altri dettagli circa la passeggiata, quindi mi fermai a parlare ponendomi circa un metro più sulla destra rispetto a prima. E questa volta il movimento che avevo intuito precedentemente, apparve in tutta la sua tragicità!

Un topastro di una quindicina di cm. più la coda, giocava a nascondino dietro la vetrina aggrappato al muro in pietra. Il briccone tirava fuori la testa e mi guardava impudente infischiandosi completamente di ciò che avrebbe comportato per gli ospiti la sua visione. Dentro di me si agitavano mille sensazioni: oddio e adesso che faccio? Se dico qualcosa, ma qualsiasi cosa, scateno il panico…se non faccio nulla quell’infame potrebbe scivolare e cadergli in testa…e allora sì che sono guai! Continuai pertanto a relazionarmi con i due ospiti che, tutti tesi a capire le mie spiegazioni, mi guardavano dritto negli occhi.

Il problema più grande era lei che ce l’aveva di fronte e bastava che concentrasse lo sguardo un pò più su della testa del marito per incrociare gli occhi beffardi del roditore che imperterrito continuava a giocare a nascondino. Notai che il  topo mi guardava , e che a seconda se incontrava il mio sguardo  o meno, entrava o usciva dal suo nascondiglio. Dentro di me pregavo che le sue zampe fossero come quelle di un geco che riesce a camminare anche a testa in giù, ma sapevo che la sua aderenza al muro dipendeva unicamente dal fatto che la pietra della parete della casa era molto grezza e quindi offriva un discreto grip.

Nel frattempo gli altri ospiti avevano finito la colazione e uscivano salutando dalla portafinestra..mostrandomi anche maleducato non mi voltavo a ricambiare il saluto ma anzi mi frapponevo tra loro e la vista del topo. Intanto i miei occhi stavano diventando strabici perchè cercavo di guardare allo stesso tempo verso il topo e verso gli ospiti. Avrei voluto essere un camaleonte per poter guardare in due direzioni diverse contemporaneamente! Lei doveva aver notato qualcosa e gettò un rapido sguardo nella direzione della credenza. I miei colpi di tosse la costrinsero a rifocalizzare la sua attenzione su di me. Eravamo rimasti solo noi a questo punto in veranda, fortunatamente gli altri erano tutti usciti ma si stavano intrattenendo giusto fuori a fumare e a chiacchierare.

Penso di non aver mai considerato la lentezza con la quale si possa sorseggiare un caffelatte e imburrare delle tartine, o riprendere altre due sorsate di succo di frutta. Continuavo a parlare senza soluzione di continuità per mantenere la loro attenzione su di me, e lui, il maledetto topastro, ad un certo punto uscì completamente allo scoperto.

Allora credetti che sarebbe successo. Lei sarebbe saltata per aria catapultandosi indietro e rovesciando la sedia avrebbe sbattuto la testa per terra. Lui avrebbe rovesciato il tavolo scagliando i piatti le tazze il caffè il burro la marmellata il miele,  atterrando sopra la moglie terrorizzata. Un flash! Fortunatamente non accadde. Nel frattempo, Cristina che giustamente aveva fretta di sparecchiare i tavoli, era uscita in veranda e mi guardava con aria interrogativa. “Ma che cosa sta facendo ? Perché perde tutto questo tempo con gli ospiti invece di lavorare? ” ” Si cara, adesso vengo, stavo spiegando a  Marco e Paola dove andare a fare un escurs…” Azzz! Era uscito completamente allo scoperto e sembrava voler spiccare un salto… ” Feci un gesto con il braccio sinistro roteandolo vistosamente..” Certo che qui intorno è bello ovunque. ” Il maledetto era rientrato dietro la credenza impaurito dal mio gesticolare. “Anzi Paola guarda se mi segui un attimo ti faccio vedere dall’alto dove si trova quel sentiero di cui ti parlavo poc’anzi”. Era lei che dovevo far smammare per prima e quindi accennai a muovermi nella direzione opposta sperando che si sarebbe alzata e mi avrebbe seguito all’esterno.

Così facendo transitai davanti a Cristina che stava sparecchiando il tavolo dei veneti e mi stava osservando stupita e le mormorai passando a denti stretti ” ce sta ‘n topo dietro la credenza , fai arzà anche lui e portalo fuori…”Non so se capì il mio borbottamento  ma si diresse verso il marito che finito di bere il caffè si stava alzando da tavola per raggiungerci. E invece si fermò a fare i complimenti a Cristina per la cena della sera prima. Mentre io mi portavo a traino Paola all’esterno, Cristina che evidentemente non aveva capito cosa le avevo mormorato un attimo prima, si stava amabilmente trattenendo con Marco parlando di culinaria ( della serie anche io ho diritto a mettere il naso fuori dalla cucina e a fare quattro chiacchiere con gli ospiti).

Il fatto era che Marco dava le spalle al topo e Cristina non lo poteva vedere perché la sua vista era coperta dal ragazzo. Mi ero ormai allontanato dalla veranda con Paola , che probabilmente  cominciava a nutrire qualche dubbio sulla mia salute mentale perché mi comportavo in maniera assurda, quando accampando una scusa qualsiasi, la lascia imbambolata in giardino e correndo rientrai in veranda. Raggiunsi Cristina trafelato, presi sotto braccio il ragazzo e ” dai Cri non vorrai fargli perdere tutta la mattinata, i ragazzi vogliono fare un’escursione e devo mostrare loro il sentiero che devono prendere, sai quello che parte, quello che parte da…”, e nel frattempo la guardavo profondamente negli occhi sperando che capisse che c’era qualcosa che non andava e che mi doveva reggere il gioco. “Ah si quello che parte da sotto la recinzione?”

” Si si quello, anzi Cri accompagnali tu mentre io vado ad occuparmi del generatore perché ho visto che ci sono degli sbalzi di tensione ed è meglio farlo partire in manuale per evitare problemi con l’impianto elettrico”.

Detto ciò, presi sotto braccio il ragazzo da un lato Cristina dall’altro e praticamente li trascinai fuori dalla veranda in direzione della povera Paola che ignara di quello che avevo detto, attendeva in giardino. Cristina mi lanciò un’occhiata feroce ma andò con i due ragazzi verso il famoso sentiero.

Io mi scaraventai a chiudere le due porte, quella della cucina e quella del salotto in modo tale da evitare che il roditore entrasse dentro casa. Mi munii di una scopa e cominciai la caccia. Il fetente era sempre lì in agguato dietro la vetrina per cui scostai il buffet dalla parete per cercare di colpirlo. Ma i topi sono molto veloci ed intelligenti ed  i miei tentativi di acciuffarlo a suon di scopate non sortì alcun effetto se non quello di far cadere un paio di quadri attaccati alla parete. ” Ma si può sapere cosa diavolo  stai facendo?” Cristina aveva lasciato i due ragazzi che  si erano andati a preparare per l’escursione ed era entrata nella veranda che io avevo chiuso  per evitare che  il topastro scappando si intrufolasse magari tra le gambe di qualcuno degli ospiti. ” Allora non mi hai sentito? Prima ti ho detto che  abbiamo un topone ! deve essere entrato ieri sera mentre ci bevevamo la birra sui gradini!  Eccolo lo vedi? Lì sopra la finestra! ” gridai! ” Stai attenta che non venga nessuno a chiedere qualcosa…tieni gli ospiti lontani da qui”.

Mi fiondai con la scopa contro il muro cercando di accopparlo ma lui trovò suo malgrado, il modo di fregarmi.  Sopra  l’architrave della finestra che dava nella veranda,  c’era un coppo infilato nella parete, che comunicava con l’interno del muro. Un tempo nelle case coloniche si usava convogliare l’acqua usata della cucina da un lavandino di solito in pietra, direttamente fuori casa attraverso un canale fatto per l’appunto di coppi girati con la parte concava verso l’alto attraverso lo spessore del muro.  Fu così che il topo cercò scampo dalle mie bastonate rifugiandosi all’interno del muro. Chiamai a gran voce Cristina.

” Si è fottuto da solo! Stai qui e tieni la scopa sopra il buco, vado a prendere un pò di cemento a pronta presa che lo chiudiamo dentro!” Detto ciò mi fiondai a prendere una manciata di cemento a pronta presa, un secchio e una cazzuola e tornai di corsa. Afferrai una scaletta e in men che non si dica otturai il buco sul muro sopra il coppo. 

Avevamo risolto il problema ma guardandoci in faccia non eravamo molto fieri di quello che avevamo fatto. 

Per alcuni giorni da dentro casa potevamo sentire i tentativi del topo che cercava un uscita….murato vivo… poveraccio…ma a mia parziale discolpa posso dire che ho dovuto mettere sul piatto della bilancia un’eventuale denuncia da parte di qualche ospite alla Asl o al Comune con il successivo arrivo dei Nas e della guardia di finanza e chi più ne ha più ne metta, con tutte le conseguenze del caso, ed il sacrificio del roditore. Chi ha un’attività in proprio nel campo della accoglienza e ristorazione, può sicuramente capirmi. 

Quella birra presa al fresco sui gradini lasciando per un quarto d’ora la  veranda spalancata aveva lasciato campo libero all’entrata del topo che attirato dagli effluvii provenienti dalla cucina pensava di aver trovato la pacchia.

Di THEMILANER

foglio informativo indipendente dell'associazione MilanoMetropoli.org

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