APPUNTAMENTO PER TUTTI!
CONDIVIDETE, VENITE E FATE VENIRE!

UNITIPERVERDI

Mentre da due settimane il ministro Sangiuliano con periodici comunicati fa sapere che monitora e s’informa e si documenta, sul caso di Villa Verdi si mobilitano gli artisti. La vicenda è ormai nota, perfino al Mibac: dopo un lungo litigio fra gli eredi, andrà all’asta la casa di Sant’Agata dove Verdi visse per mezzo secolo, dove tutto parla di Lui e tutto è rimasto come Lui lo lasciò. Nel frattempo, la Villa non è più visitabile. Si tratta di salvarla e, soprattutto, che resti aperta al pubblico (magari, a differenza che in passato, tutta).
Appuntamento lunedì 21 novembre alle 20.30 al Teatro Gaber di Milano per un gala cui parteciperà mezzo mondo dell’opera italiano, titolo #unitiperverdi. L’idea è venuta a Francesco Meli e Riccardo Frizza cui nel mio piccolissimo cerco di dare una mano.

Non si tratta di raccogliere fondi, perché per ora non servono e si spera che, fra una fiction e l’altra, se ne occupi il ministro: l’idea è quella di dare la sveglia all’opinione pubblica.

La Società del Quartetto di Milano si accolla le spese; tutti gli artisti partecipano gratis; l’ingresso è libero previa prenotazione al sito del Teatro Lirico Giorgio Gaber; è prevista la diretta in streaming su corriere.it. Hanno già dato la loro adesione decine di musicisti e la lista di quelli che si esibiranno si allunga di ora in ora (la serata verdiana avrà lunghezze wagneriane?).

Con Meli canteranno, fra gli altri, Eleonora Buratto Privato, Massimo Cavalletti, Roberto de Candia, Chiara Isotton, Caterina Piva, Piero Pretti, Annalisa Stroppa, Riccardo Zanellato, mentre sul podio oltre a Frizza ci sarà Michele Gamba. Davanti ai leggii, molte prime parti di orchestre italiane come quelle della Scala, del Comunale di Bologna, del Maggio, della Fenice, della Toscanini, della Sinfonica di Milano.


La scelta della città non è casuale. Mentre Parma e Piacenza, che da sempre si contendono Verdi, dormono un sonno profondo (tutti verdiani sì, ma a chiacchiere), si sveglia Milano, con cui Verdi ebbe rapporti altalenanti ma che alla fine è la città dove studiò (ma non al Conservatorio che oggi porta il suo nome: all’esame d’ammissione lo bocciarono), debuttò e morì.
La storia, si sa, vive anche di simboli. E Sant’Agata è appunto il simbolo dell’Italia che Verdi avrebbe voluto e naturalmente non ebbe, un Paese serio di gente seria come Lui. È una proprietà costruita mattone dopo mattone, ogni opera un podere, da un self-made-man severissimo con tutti a cominciare da sé stesso, per niente melodrammatico né retorico, patriota ma cosmopolita, aperto, fiducioso nella scienza e nel progresso, un borghese duro ma capace di generosità grandiose, come l’ospedale di Villanova per i suoi contadini e la Casa di riposo di Milano per i suoi colleghi. Preservare quel posto, dove la personalità di Verdi è in ogni pietra e in ogni ninnolo, nel laghetto dove andava a remare e nel giardino dove seppelliva i suoi cani, nei libri e nel pianoforte da cui è uscito il più straordinario teatro che la nostra civiltà abbia inventato dai tempi di Shakespeare, non è un feticismo di noialtri dell’ambiente, cui in fin dei conti sono ancora Verdi (e Monteverdi e Rossini e Donizetti e Bellini e Puccini e tutti gli altri) a continuare a fornire il pane quotidiano. Dovrebbe essere una sfida per tutti, in questa povera Patria che, se perde ogni memoria del passato, non merita un futuro.

dal post di Francesco Meli

Di the milaner

foglio informativo indipendente del giornale

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