La Russia è entrata ufficialmente in default nella serata di lunedì 27 giugno. Il Paese di Vladimir Putin non ha rispettato i suoi obblighi nei confronti del debito estero e non ha versato quanto dovuto ai creditori internazionali. Mosca avrebbe dovuto pagare 100 milioni di dollari di interessi su alcune obbligazioni in scadenza il 26 giugno.

Nonostante la disponibilità di denaro, il Cremlino non ha avuto modo di corrispondere il pagamento ai suoi creditori: con l’invasione dell’Ucraina, infatti, la Russia è stata tagliata fuori dal sistema economico internazionale a colpi di sanzioni e gli Stati Uniti hanno fatto cadere anche le ultime esenzioni proprio in corrispondenza della scadenza del termine ultimo per il pagamento del debito estero.

Si tratta di un default atipico: Mosca infatti ha un’ampia disponibilità di dollari, proventi della vendita di gas, ma non può spenderli perché impossibilitata ad effettuare le transizioni. Molte banche russe che processavano i pagamenti del debito, infatti, sono state sanzionate dall’Europa e dagli Stati Uniti dopo l’invasione dell’Ucraina

Il Cremlino si è visto quindi tagliato fuori dal mercato internazionale e dal sistema bancario globale. A sopravvivere soltanto il mercato dell’energia, dal quale l’Europa non ha ancora potuto smarcarsi. “La scelta di cancellare gli ultimi buchi nelle sanzioni da parte degli Usa è sicuramente di tipo politico. Questo default serve per dimostrare il fallimento della politica di Putin – ha spiegato a Fanpage.it l’economista Marco Lossani, Docente ordinario di Economia Politica presso la Facoltà di Economia dell’Università Cattolica di Milano – probabilmente però questa situazione sarà un problema che riguarderà principalmente i creditori della Russia. A Mosca cambierà poco

La Russia è davvero entrata in default sul debito estero a causa delle sanzioni internazionali?

La questione è complessa: la Russia sostiene di avere i dollari necessari per pagare i suoi creditori, ma di essere impossibilitata a farlo perché tagliata fuori dai sistemi economici internazionali. Il Paese di Putin ha in effetti grandi disponibilità di denaro ottenuto dalla vendita del gas ma non può spenderlo a causa delle sanzioni imposte da Usa ed Europa. Lo scenario è inedito, perché in questo caso il default è stato “indotto”: gli Stati Uniti hanno cancellato le ultime esenzioni nelle sanzioni proprio alla vigilia della scadenza per i pagamenti dei bond. Sicuramente è una scelta politica.

Una sorta di guerra economica?

Potrebbe essere un’arma per dimostrare il fallimento della politica di Putin. Per Mosca questo default cambierà relativamente poco: gli investitori stranieri sono già andati via con l’inizio dell’invasione in Ucraina e il Cremlino continuerà a sostenere di non aver potuto pagare, ma di aver sempre avuto il denaro per farlo usando la disponibilità economica come metro di misurazione dello stato di salute dell’economia nazionale.

C’è il rischio che le sanzioni e il conseguente default siano un problema più occidentale che russo?

Gli Stati Uniti sapevano che sarebbe successo questo, ma probabilmente hanno in mente uno scenario in cui contano molto di più gli aspetti politici del default piuttosto che quelli strettamente economici. I creditori della Russia non potranno riscuotere quanto dovuto dai debitori e non avranno a chi rivolgersi per far rivalere i propri diritti. Non direi però che le sanzioni non sono un problema per il Cremlino: da quando sono state imposte hanno morso con violenza il mercato di Mosca.

Però il rublo ha raggiunto il suo tetto massimo dal 2015 e continua ad essere molto forte. Questo dato rappresenta l’economia reale del Pese?

No, direi di no. Al contrario di quello che dice Putin, l’economia non gode affatto di buona salute. Il tasso di cambio forte della moneta è sintomo del fatto che attualmente il mercato russo non è un vero mercato e non riflette di certo dei fondamentali solidi nel Paese.

Cosa rappresenta allora quest’apparente forza?

Sostanzialmente è lo specchio di un mercato molto distorto che non si basa più su un buon meccanismo fondato su domanda e offerta. Nulla di positivo in ogni caso.

Perché questo tipo di misure avrebbe enormi conseguenze anche sulla nostra economia. Le sanzioni hanno violentemente colpito il sistema russo al contrario di quello che Putin racconta. Un giro di vite su gas e petrolio sarebbe un passo ulteriore e importante, ma i suoi effetti sarebbero controproducenti per l’Europa. Non è possibile capire se siamo vicini a sanzioni di questo tipo, è una decisione che deve necessariamente tenere conto di una serie di fattori di carattere politico. Una misura del genere acuisce il rischio di inflazione in Europa con un aumento non banale della recessione nel corso dei prossimi mesi.

Se il mercato russo è così instabile perché l’Occidente non infligge il cosiddetto colpo di grazia con le sanzioni su petrolio e gas?

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Di THEMILANER

foglio informativo indipendente dell'associazione MilanoMetropoli.org

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