Ne ammazza più la lingua della spada, ma anche la moneta può essere letale. E, come la spada, tagliente da due parti: attenti a come la tenete in mano, quindi, perché a stringerla troppo si rischia la recisione dei tendini. Fuor di metafora, a far guerra con i soldi è da starci attenti tanto quanto a farla con i mitragliatori. Si ammazza un pò meno, o almeno in modo meno evidente; in compenso il fuoco amico esiste, e fa male. Oh, se a male. Ragion per cui questa guerra tra Mosca e Kiev, con i suoi risvolti economici e i suoi dibattiti europei sul gas e i suoi blocchi russi contro Polonia e Bulgaria, questa guerra si diceva è e resta un tremendo punto interrogativo: su chi la vincerà e a quale prezzo. Soprattutto a quale prezzo. A inventare lo strumento delle sanzioni commerciali contro il nemico fu, e non è un caso, la nazione mercantilista per eccellenza, che in quel frangente ad un altro popolo di mercantilisti accaniti si opponeva. Gli avevano buttato a mare un carico di tè, gli americani, e gli inglesi reagirono con le “leggi intollerabili”. Si trattava di quattro provvedimenti ad hoc che chiudevano Boston e i principali scali marittimi dei ribelli. I quali impararono a non prendere più il tè alle cinque e si dettero alla conquista: prima della libertà e poi degli spazi ad ovest

Un punto per chi dice che le sanzioni sono da maneggiare con una certa cautela. Poi, siccome dagli errori degli altri si impara sempre a commetterne di nostri, ecco che Napoleone seguì l’esempio degli inglesi, contro gli inglesi stessi. Nel 1807 decise di schiantarne il commercio imponendo a tutti i popoli suoi soggetti il Blocco Continentale. Essendo egli padrone assoluto di tutta l’Europa dalla Manica a Gibilterra e da Lampedusa a Vilnius, pensava che impedire alle navi avversarie, mercantili o militari che fossero, di attraccare sulla terraferma euroasiatica sarebbe bastato. L’illuso: l’industria manifatturiera britannica resse all’urto, i suoi commerci si estesero nel resto dell’orbe terraqueo e intanto Napoleone soffriva. Non per la mancanza del tè, ma per il fatto che si andò minando l’economia dei territori a lui soggetti. Ne risentirono quest’ultimi, e alla fine pure lui. L’Impero aveva i piedi d’argilla. Due punti a zero per quelli di cui sopra. C’è da dire che qualcuno invece imparò la lezione. Gli inglesi, per dirne una, aspettarono per fare i conti con Napoleone che questi si facesse male in Russia, e lo affrontarono con i mezzi tradizionali della battaglia in campo aperto, a Lipsia. Una tattica, viene da dire, che pare quella di Washington nei frangenti attuali, almeno nella prima parte. I prussiani, da parte loro, si videro arrivare i cosacchi a Berlino: sostenevano che stavano solo inseguendo i napoleonici e non si erano accorti di avere superato Vilnius. Il Kaiser capì come avrebbe dovuto regolarsi in futuro: prima di tutto rifondare l’esercito per tenere pronto in mano un sasso, quindi impegnare il Cremlino con una rete di scambi commerciali a base di granaglie. Para bellum, sed pecunia non olet. Nessuno ti attaccherà se rischia di prenderle e se perderebbe, in questo modo, anche il miglior cliente che ha. Scholz, che oggi nicchia sul gas e intanto manda 50 tank a Kiev, non ha inventato nulla: e’ cosi’ dai tempi di Federico Guglielmo III. E poi, in fondo, è quello che avrebbe fatto un giorno persino Nixon con le esportazioni – sempre di granaglie – verso l’Urss. Passato Napoleone, per la risoluzione delle controversie internazionali tutti tornarono al vecchio metodo tradizionale, a Sebastopoli come a Sedan. Ma il crollo tedesco nella Prima Guerra Mondiale, che fu economico e sociale ancor prima che militare, rovesciò questi criteri: più che il cannon potè il digiuno. Alla luce del fallimento del Socialismo di Guerra, l’economia tornava ad essere considerata un potenziale strumento di lotta. Non ci si stupisca, allora, se Roosevelt impegnato com’era a tenere a bada gli isolazionisti del suo tempo che vent’anni dopo volevano lasciare l’Europa al suo destino, scorse nelle sanzioni un utile succedaneo della politica delle cannoniere. Prima varò il Lend-lease Act per fare grossi sconti a Churchill impegnato nella Battaglia d’Inghilterra, poi impose l’embargo petrolifero al Giappone. A Tokyo non solo la presero male, ma calcolarono che era meglio affrettare i tempi della guerra ancora non dichiarata perche’ le riserve non sarebbero durate a lungo. Prima ancora di questo, non scordiamolo c’erano state a carico dell’Italia fascista le cosidette “inique sanzioni” per l’aggressione all’Etiopia. Cantarono i menestrelli di regime, sulle note di Faccetta Nera: “L’Inghilterra a capo della Lega / dei negri si era eletta paladina / al mondo disse ‘Mai piu’ benzina / per far andare l’italo motor'”. Fu un trionfo di ciofeche, succedanei, surrogati e cicoria al posto del caffè, ma anche allora – nonostante si sostenesse il contrario – il petrolio non fu toccato. E i menestrelli intonarono all’indirizzo di Albione la Perfida, gagliardi e sbeffeggiatori: “Sanzionami questo”. Vittoria del regime? In realtà no. Anzi, fu la prima crepa nella macchina del consenso del fascismo, e la cosa deve far riflettere anche se, in apparenza, gli anni della maggior adesione alla dittatura sarebbero stati quelli immediatamente successivi. Come dire: le sanzioni, gli embarghi, sotto sotto scavano, sono tarli che rosicchiano il legno delle pubbliche opinioni senza che nessuno se ne accorga. Si pensi al Napoleone del Blocco Continentale, si pensi al Sudafrica dell’apartheid. Si pensi anche nei casi spesso citati all’incontrario, degli embarghi cioè a Cuba e Corea del Nord, noi in fondo vediamo solo una parte della storia, quella più evidente: il tiranno non è caduto. Ci manca però tutto il resto, il cosa sarebbe accaduto se non ci fossero state le sanzioni. E con questo il conto è pari, tra sostenitori e denigratori. Perché la verità finisce per essere questa: essendo la guerra commerciale una guerra, si sa come inizia e non si sa come finisce. E combatterla è sempre un azzardo. La moneta usata come spada più essere più tagliente di qualsiasi sasso, quindi affidiamoci alla lingua. Quella usata, ad esempio, nella Conferenza per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa: salvò molte vite, fece aumentare il commercio, gettò le basi per la pace. Un vero miracolo.

http://www.agi.it

Di the milaner

foglio informativo indipendente del giornale

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.