Di Guido Aletta Salerno

La storia è sempre la stessa e il conflitto con le grandi ricchezze, una volta rappresentate dal sistema feudale e poi dall’alta finanza, lo ha combattuto e vinto con alterne vicende solo la piccola e media borghesia.

Si illude, però, diceva Marx, di averla avuta vinta davvero, per il solo fatto di aver conquistato finalmente la proprietà di un pezzo di terra da coltivare liberamente dopo essersi sottratta al giogo feudale.

In realtà, il piccolo coltivatore è sempre in balìa di poteri più forti: da una parte, per via del prezzo del grano che viene stabilito sui mercati internazionali sulla base delle convenienze dei latifondisti e dei grandi acquirenti come i pastai; dall’altra, perché i lavori di miglioria fondiaria dipendono completamente dal debito contratto con le banche. Il calo dei prezzi per un verso e gli alti tassi di interesse per l’altro lo stringono in una morsa mortale.

Se la Terra, il Capitale ed il Lavoro sono strumenti e condizioni della produzione, il loro dominio decide gli assetti sociali in cui si insinua questa classe indomabile, quella media, composta da artigiani, commercianti, piccoli e medi imprenditori che allo Stato non chiedono null’altro, se non la libertà di operare. La libertà di produrre e di commerciare è il loro unico credo.
È una classe sociale che si muove in uno spazio fluido: da una parte, infatti, le relazioni con i pochi dipendenti sono dirette, immediate, e non sindacalizzate. Le confederazioni masticano amaro. Come se non bastasse, la vitalità irrefrenabile, il continuo rosicchiare spazi di mercato, l’innata adattabilità delle piccole e medie imprese, rappresentano un pericolo per il mondo delle grandi imprese: queste ultime si sentono continuamente minacciate, perché con le piccole e medie imprese non si può fare cartello né c’è possibilità di collusione a danno dei consumatori e dei clienti.

Lo Stato ha ancor meno presa, perché le piccole e medie imprese non hanno le associazioni di categoria che si fanno fare le leggi scritte su misura per accedere ai contributi ed alle commesse pubbliche.

Dal punto di vista politico sono ancor meno gestibili, perché chiedono meno Stato, meno tasse, meno spese pubbliche, meno leggi: delegittimano per principio qualsiasi intervento amministrativo. L’accusa più infamante che viene rivolta continuamente a questa categoria è di evadere le imposte ogni qual volta sia possibile: è la palese dimostrazione di una volontà eversiva, quella di sottrarsi al potere costituito.
C’è la fondata sensazione che la crisi economica dopo la pandemia venga fatta pagare solo alle piccole e medie imprese. Stritolare le PMI, le piccole e medie imprese, fa comodo a tutti:

– il sistema finanziario non vede l’ora di raccattare ogni asset dal loro fallimento, con pochi spicci;

-le grandi imprese potranno stroncare finalmente una competizione tanto fastidiosa quanto instancabile,

-i sindacati avranno uno spazio più ampio ed insperato per gestire la nuova disoccupazione;

-gli Stati potranno riaffermare liberamente il loro potere di mediazione assoluto.

i sindacati avranno uno spazio più ampio ed insperato per gestire la nuova disoccupazione;

Sono tutti già seduti intorno al tavolo del Recovery Fund, per spartirsi soldi e potere: politici, banchieri, grandi imprese, sindacati.

I commercianti, gli artigiani, i lavoratori autonomi, i piccoli e medi imprenditori non sono invitati: sono nei negozi, soli a casa con i ristoranti chiusi, in giro per cercare clienti. Disperatamente, per lavorare, per sopravvivere.

https://www.teleborsa.it/Editoriali/2021/04/26/pmi-obiettivo-stritolamento-1.html#.YIawJx1xeUk

Di the milaner

foglio informativo indipendente del giornale

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