Il Natale sta arrivando, così come i giorni di vacanza tanto attesi da molti. Per alcune persone però il sopraggiungere di ricorrenze festive può provocare sentimenti contrastanti, come nel caso dei pazienti affetti da malattia di Alzheimer (AD) e dei rispettivi familiari/caregiver, proprio in considerazione del profilo extra-ordinario che assumono le giornate.

“La rottura degli schemi routinari – ha commentato il prof. Gioacchino Tedeschi, Presidente della Società Italiana di Neurologia e Ordinario di Neurologia presso l’Università della Campania “Luigi Vanvitelli” – associata ad una sovraesposizione sociale, se non attentamente modulate possono contribuire ad amplificare lo stato di incertezza e confusione che spesso domina le fasi intermedie ed avanzate di malattia”.

Tuttavia, numerose evidenze scientifiche mostrano come anche i pazienti affetti da AD riescano a riconoscere il contenuto emotivo degli stimoli esterni, fissando in modo più efficace i ricordi dotati di valenza affettiva, in accordo col riscontro della preservazione della “memoria emozionale” anche in fasi più avanzate di malattia.

Alcuni studi, ad esempio, hanno dimostrato che la percezione della gioia, trasmessa mediante stimoli visivi o acustici, risulti relativamente conservata nel tempo anche nei pazienti affetti da AD. In particolare è stata evidenziata la capacità di percepire e riconoscere le emozioni convogliate dalla musica che eserciterebbe, anche in questi casi, un notevole potere evocativo.

“Ciò suggerisce l’adozione di una condotta ‘inclusiva’ – prosegue il prof. Tedeschi – improntata al coinvolgimento del paziente in un clima festoso, accogliente e non giudicante. Ancor meglio se preceduto da segnali ‘marcatempo’, quali addobbi e decorazioni che scandiscano l’evento imminente, e caratterizzato da un adeguamento dell’ambiente in funzione delle necessità delle persone più vulnerabili. In questo modo gli eventi natalizi diventano delle occasioni positive e, addirittura, memorabili per tutto il nucleo familiare”.

La Federazione Alzheimer Italia suggerisce alcuni pratici consigli, utili come spunto per una migliore gestione dei giorni di festa e delle occasioni di incontro, aventi come obiettivo quello di concedere al paziente momenti di serenità, riducendo contestualmente il ‘peso’ per il caregiver, con implicazioni positive sulla coppia “paziente-familiare”.

Ad esempio, se per le festività sono sempre state invitate molte persone a casa, sarebbe opportuno prendere in considerazione un ridimensionamento del numero di ospiti e della tipologia di pranzo; evitare i grandi raduni e organizzare visite più piccole di due o tre persone alla volta aiuta a tenere lontano eccessive fonti di stress non solo per la persona malata ma anche per il caregiver.

Se la sera e la confusione sono un problema (sindrome del tramonto), valutare la possibilità di cambiare la cena in un pranzo. Oppure, il consiglio è quello di mantenere la stanza ben illuminata e cercare di evitare qualsiasi stimolo che potrebbe attivare nella persona malata comportamenti di difficile gestione. Se la casa dovesse diventare eccessivamente rumorosa, scegliere una stanza tranquilla o uscire a fare una passeggiata. Evitare di tenere accesa la tv durante il pranzo.

La persona malata può trovare conforto nel cantare vecchie canzoni della tradizione o sfogliare album di foto di famiglia. È importante coinvolgerlo nell’organizzazione dei preparativi, come incartare i regali, decorare o apparecchiare la tavola.

Attenzione alle decorazioni scelte: luci lampeggianti possono confondere o spaventare una persona con demenza mentre le decorazioni che sembrano cibo potrebbero essere scambiate per commestibili.

Anche durante i momenti di festa, laddove possibile, mantenere una routine il più possibile normale, come ad esempio organizzare anche il tempo per le pause e il riposo per tutti, aiuta a ridurre la confusione inevitabile che si crea durante le feste. Può aiutare tenere a portata di mano materiale per semplici attività ripetitive che possono giovare a far riposare la persona: il dvd o film preferito, piegare fazzoletti, sgusciare arachidi o uscire a fare una passeggiata.

Importante che anche la persona malata possa ricevere un regalo adatto e adeguato alla fase di malattia facendo attenzione alla scelta di regali inutilizzabili o addirittura pericolosi per una persona con demenza. Abbigliamento comodo, audiocassette di musica preferita, video e album fotografici possono essere i principali tra cui scegliere.

L’ultimo Natale di mio padre

Dopo una lunga diatriba familiare, mio padre venne portato per un mese in una RSA di Milano, io non ebbi possibilità di mettere bocca.

Il pomeriggio del giorno stesso in cui venne ricoverato, mi presentai alla RSA per vederlo, con lui c’era la sua badante.

Era inquieto, camminava nervosamente nel lunghissimo corridoio e come mi vide mi disse: “dai, andiamo a casa”. Naturalmente, pur volendolo con tutto il cuore, non ebbi la possibilità di portarcelo a casa, ma lo feci vestire e andammo verso il parco per una piccola passeggiata, nel tentativo di rasserenarlo.

Notai che nella sua camera, per la verità molto angusta e buia, non c’era nemmeno la televisione e gli erano stati messi degli oggetti di casa per dare una parvenza di familiarità, decisamente troppo poco per una retta di settemila euro al mese.

Durante il suo permanere nella RSA, mia figlia ed io andammo a trovarlo ogni giorno, lo trovammo spesso male, spesso febbricitante, ma sempre con il desiderio di tornare a casa. Arrivarono le feste e io, convinta che mia madre volesse passare il Natale con lui, non chiesi il permesso per fare il pranzo di Natale in RSA. Sbagliai, perchè nessuno si fece vivo e lui rimase solo.

Il giorno dopo la sua badante mi mostrò una foto di loro due al tavolo della sala da pranzo, mi si spezzò il cuore per il dispiacere. Quello fu l’ultimo natale del mio papà e io non riuscii a fare nulla per renderlo felice.

Mio padre entrò in quella RSA sulle sue gambe e purtroppo ne usci un mese dopo su una ambulanza che lo portava al San Giuseppe in fin di vita per le troppe medicine che gli avevano somministrato. Dopo un altro mese di ospedale, venne a casa ma aveva perso l’uso delle gambe. Sette mesi dopo ci lasciava.

Vi ho raccontato questa vicenda, per me ancora dolorosissima, per dire a tutti i figli dei malati di Alzheimer di non lasciare soli i loro cari a Natale, anche se non vi riconoscono sentono che siete li con loro e questo fa bene.

Manuela Valletti

Fonte

Di the milaner

foglio informativo indipendente del giornale

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