Milano, 27 aprile 2019 – Una platea di 551.113 lombardi sotto la soglia dei 750 euro al mese, su 2.598.457 pensionati nella regione. Le persone che fanno fatica ad arrivare alla fine del mese non mancano, ma nella partita del reddito di cittadinanza le richieste per ottenere la pensione di cittadinanza destinata agli over 67 sono finora limitate a circa il 14% del totale. Poco più di quattromila istanze all’Inps (2.600 da parte di donne e 1.560 da uomini), secondo gli ultimi dati del Dipartimento mercato del lavoro della Cgil di Milano, nella Città metropolitana dove vivono 818.561 pensionati, il 25% della popolazione. In tutta la Lombardia le domande di pensione di cittadinanza inviate dai patronati Cisl sono state solo 937. Anche aggiungendo quelle caricate dai patronati gestiti da altri sindacati e associazioni o quelle presentate in autonomia, i numeri restano bassi.

E il 30-40% delle istanze viene scartato dall’Inps. «Noi valutiamo positivamente ogni provvedimento a favore dei pensionati – spiega Sergio Perino, segretario generale Spi Cgil Milano – ma in questo caso mi sembra più fumo che arrosto. Il meccanismo è complicato, ci sono vincoli che restringono di molto la platea. Molti pensionati sono venuti da noi quando hanno saputo del provvedimento, e sono rimasti delusi quando abbiamo spiegato loro che non avevano diritto alla pensione. Le aspettative erano diverse». Di fatto può sperare di rimpolpare la pensione – considerando il caso di un anziano che vive solo – chi ha già compiuto 67 anni, prende meno di 630 euro al mese, vive in un appartamento in affitto e non percepisce maggiorazioni o assegni sociali. La situazioni si complica ulteriormente nel caso di una coppia, con un coniuge sopra e l’altro sotto i 67 anni di età. «Il problema della povertà esiste – spiega Emilio Didonè, segretario generale dei pensionati Fnp Cisl Lombardia – e per anni i Governi hanno fatto finta di nulla. Nelle nostre sedi vengono tanti disperati, persone che tutti ignorano.

La pensione di cittadinanza è meglio di niente ma di certo non risolve il problema, anche perché le maglie sono talmente strette che si riduce a una elemosina». Anche uno studio della Uil evidenzia che l’attuale meccanismo della pensione di cittadinanza esclude di fatto dal beneficio la maggioranza della platea dei pensionati poveri. Il sussidio, inoltre, non è tassato, e questo crea una «disparità di trattamento». A Milano e provincia l’importo medio mensile delle pensioni di vecchiaia è di 1.492 euro, il più alto in una regione che vede Sondrio come fanalino di coda, con 1.023 euro al mese.

Il disagio c’è ma spesso resta nell’ombra: in Lombardia al netto delle successive integrazioni sono 53.577 i pensionati nella fascia sotto i 250 euro al mese; 157.469 quelli nella fascia 250-500 euro al mese; 340.067 tra 500 e 750 euro mensili. Guardando l’altro lato della medaglia, sono 211.261 i lombardi sopra la soglia dei 3.000 euro. Ma basta poco per precipitare nel vortice della povertà. «Mia moglie è malata di Alzheimer e abbiamo dovuto ricoverarla in una Rsa», spiega un 80enne di San Donato Milanese, con una «buona pensione» dopo una vita a lavorare alla Snam alla quale deve sottrarre ogni mese duemila euro per le cure mediche. «La Regione contribuisce in parte ma non è sufficiente – racconta – noi stiamo resistendo perché avevamo accantonato i nostri risparmi in un fondo in previsione di tempi difficili, che ora sono arrivati».

Di THEMILANER

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