di MaioDI MAIO HA FALLITO

Non tutti i rompicapi hanno una soluzione, quelli che non l’hanno li risolve Gentiloni.

Portategli cubi di Rubik a 12 facce, Kakuri a 25.600 caselle, diabolici Sudoki, anagrammi, aptagrammi, antigrammi, insomma portategli tutto quanto vi farebbe esclamare: «Ma qui è un gran casino! Ma come si fa?!», e il buon Paolo, il presidente del Consiglio più gentile che mai, ve lo risolverà in un battibaleno, in special modo se a chiederglielo è il Capo dello Stato Mattarella.

Di Maio che rinuncia a Palazzo Chigi, ma invita Salvini a un governo “politico” senza Berlusconi guidato da un premier terzo. E Matteo da Milano che pensa che è meglio un voto del governo del Presidente, ma che subito dopo pensa che escludere il Cavaliere dal governo non si può fare e che tutto riparte, ogni volta, da zero.Ogni volta, da zero.

Ma in fondo, provate a pensarci, il problema vero qual è? È che in questo puzzle nessuna tessera ha un posto giusto. Ha un posto suo. Ha un punto di spazio logico di cui si possa dire: «Ecco, è il suo». Di Maio pensa che un accordo su un programma quale reddito di cittadinanza, via legge Fornero e legge anticorruzione abbia un senso politico. Ma non l’ha.

Lo avrebbe se fosse inserite entro un quadro ideologicamente ed economicamente coerente e più ampio, molto più ampio, così ampio da comprendere la posizione verso l’Europa, verso i privilegi e gli sprechi, verso una reale fattibilità contabile delle proposte avanzate.

Io non concordo con chi dice: abbiamo questo per fare del welfare e dobbiamo farcelo bastare. Io ragiono al contrario. Io penso che il patto sociale che sta alla base del riconoscimento dell’autorità statale debba prevedere e consentire una vita dignitosa a tutti. Se questo non accade perché mai il cittadino dovrebbe sottoscrivere tale patto? Perché altrimenti lo manganellano per le strade?

Se servono risorse per il sostentamento di milioni di persone le si devono trovare. Punto e basta. «Eh ma dobbiamo toccare i diritti acquisti!». Ma i diritti acquisiti, se per essere conservati richiedono l’impedimento alla vita o anche semplicemente al decoro da parte di altri, si chiamano “privilegi”-

Qualcuno può sostenere che in Italia non ve ne siano? Allora: è ma possibile che una democrazia tolleri i privilegi?

Caro Gigetto Di Maio, la portata di quel che oggi occorre fare in Italia è epocale. Presuppone un favore di popolo talmente grande da poter rifondare il Paese da cima a fondo. E il favore popolare di cui tu godi è fasullo.

Hai promesso le cose senza dire come. La politica è una difesa di interessi, non si può stare con tutti, devi scontentare alcuni. Tu dai esattamente l’impressione opposta, quella di non voler scontentare nessuno. Esattamente l’impressione che davano i democristiani.

E la storia della pregiudiziale a Berlusconi… Già il pensarsi migliore di qualcuno mi fa orrore. Può essere l’esclusione di una persona il presupposto per dare un governo al Paese? È una cosa di una supponenza e di un’ignoranza sesquipedali. Non lo dice nessuno? Lo dico io, che mai ho votato Berlusconi in vita mia.

Il rispetto. L’umiltà. Il coraggio. Ti propongo un rompicapo, Gigetto. Quali di queste tre cose ti mancano?

Edoardo Varini

FONTE

Di THEMILANER

foglio informativo indipendente dell'associazione MilanoMetropoli.org

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