Nella mostra « Rinascente stories of innovation» a Palazzo reale si celebrano i cento anni dalla Rinascente e si mostra un gustoso racconto di Milano e della società italiana dell’intero Novecento. Gli organizzatori dell’evento hanno attinto con sapiente maestria al poderoso archivio del grande magazzino (consultabile anche on line sul portale archives.rinascente.it) e a centinaia di documenti ancora inediti
Il tempio dei costumi italiano
La Rinascente non è stato infatti solo il primo «tempio dei consumi» italiano, ma anche un’azienda culturale che ha puntato molto, almeno fino agli anni Ottanta, su ricerca e innovazione. Fin dal suo nome, inventato cento anni fa dal vate Gabriele D’Annunzio su invito di Senatore Borletti che aveva acquistato i Magazzini Bocconi dai due fratelli (uno dei quali fonderà poi anche l’Università omonima) in origine commercianti di stoffe.
La Rinascente aprì il 7 dicembre 1918 (e la data rimanda ancora oggi a riti meneghini per eccellenza), ma a pochi giorni dall’inaugurazione venne distrutta da un incendio. Passarono tre anni e il negozio riaprì ancora più grande e ambizioso affidando la comunicazione della sua nuova immagine a Marcello Dudovich, il celebre cartellonista e illustratore liberty, come racconta la ricca collezione di manifesti e bozzetti originali a disposizione del pubblico nell’archivio a rastrelliera della seconda sala.
Una immagine internazionale
Poi arrivò lo stile «d’avanguardia» di un gruppo di grafici, artisti, fotografi e art director che diedero un respiro internazionale all’immagine della Rinascente. Fra loro c’erano Massimo Campigli, Lucio Fontana, Fabrizio Clerici, Max Huber (che disegna il nuovo logo), Roberto Sambonet, Franco Albini e Franca Helg per non dire dei giovani stilisti che qui si fanno le ossa come Ottavio e Rosita Missoni, Giorgio Armani e anche il già celebre Pierre Cardin.
Quest’ultimo nel 1963 firmò un contratto per la produzione di una sua linea a prezzi popolari, una decisione così audace che gli costò l’esclusione dalla comunità dei colleghi sarti francesi. Ma siccome la storia milanese è anche quella del design, fu proprio la Rinascente, come si vede in una sala dedicata, che nel 1954 istituì il premio Compasso d’Oro da un’idea di Gio Ponti e Alberto Rosselli con un logo disegnato da Albe Steiner.
La storia di un’epoca con luci e ombre
Gli anni Cinquanta sono un decennio di grande creatività in cui inaugurano le mostre dedicate ai Paesi stranieri a cominciare dalla Spagna cui seguono Giappone, Gran Bretagna, Stati Uniti, India, Thailandia: occasioni di straordinaria conoscenza del mondo considerato che la Rai cominciava la programmazione ufficiale solo nel 1954.
Innovativa fu anche l’introduzione dello spazio della nursery dove i bambini venivano affidati a sorridenti signorine mentre le mamme si dedicavano agli acquisti. Diventare «rinascentina» fu subito l’ambizione di ogni giovane donna che voleva emanciparsi attraverso il lavoro.
Eppure le tutele erano ancora scarse: le commesse venivano assunte adolescenti, sui 16 anni, e chi rimaneva incinta perdeva il posto. Tuttavia fu alla Rinascente che comparvero i primi bikini e la biancheria americana, colorata e striminzita. Fu in quel tempio commerciale dove per la prima volta si cercava di coniugare basso prezzo e alta qualità che di fatto si sperimentò la prima modernizzazione della figura femminile e la democratizzazione dei consumi. Una svolta che inaugurò nuovi stili di vita di massa.