La Cina e i Talebani: una alleanza inedita contro il terrorismo?

Di Filippo Sardella

La crescente influenza che Pechino esercita nei confronti dell’Afghanistan non è figlia di un mero calcolo commerciate ma si deve analizzare anche da un punto di vista e geostrategico.

La Cina sta cercando di creare un rapporto amichevole con i talebani perché intende utilizzare un’eventuale relazione bilaterale, basata su interessi preferenziali reciproci, principalmente per disinnescare tutte quelle possibili problematiche che minacciano gli interessi di Pechino nella regione.

Tra queste, le principali minacce, sono costituite dai gruppi uiguri supportati da milizie islamiche e le milizie islamiche pakistane che da mesi ormai prendono di mira tutte le iniziative legate alla BRI (Belt and Road Iniziative) nella regione.

Se per Pechino, nei confronti di Kabul, l’aspetto diplomatico costituisce una via preferenziale, bisogna ricordare che questa non è esclusiva, dato che il lato commerciale costituisce il pilastro sul quale costruire tale relazione. Le aziende cinesi continuano ad investire in Afghanistan per esplorare opportunità di business e firmare accordi, specialmente nel settore minerario, che possano portare ad un “mutuo” vantaggio.

Ad esempio, nel luglio 2023, l’amministrazione talebana ha annunciato che la Fan China Afghan Mining Processing and Trading Company, una società cinese, ha previsto di investire circa 350 milioni di dollari in Afghanistan in settori come la produzione di elettricità, la produzione di cemento e l’assistenza sanitaria.

Mentre nel gennaio 2023, i talebani hanno raggiunto un accordo con la cinese Xinjiang Central Asia Petroleum and Gas Co. per l’estrazione di petrolio dal bacino di Amu Darya nel nord dell’Afghanistan. L’accordo – il primo del genere da quando i talebani hanno riconquistato Kabul nell’agosto 2021 – inizierà con un investimento annuale di 150 milioni di dollari, salendo a 540 milioni di dollari in tre anni.

Si ritiene che Wang Yu, ambasciatore cinese in Afghanistan, tenga incontri regolari con ministri e funzionari talebani, tra cui il ministro dell’Interno Sirajuddin Haqqani, che, tanto per ricordare, ha una taglia di 10 milioni di dollari per accuse di terrorismo.

In questo nuovo e mutato quadro, i funzionari statunitensi nonostante mantengano una posizione di intransigenza nei confronti dei talebani (tanto che durante l’ultimo incontro avvenuto a Doha con una delegazione talebana alla fine di luglio si è continuato a fare pressione sull’aspetto legato alla non violazione dei diritti umani fondamentali) hanno lasciato un’apertura di dialogo nei confronti del regime di Kabul. Del resto, una chiusura netta contro i talebani, significherebbe per Washington concedere terreno alla Cina in un quadrante considerato nevralgico per la geopolitica almeno da mezzo secolo a questa parte.

Per i talebani, il denaro cinese funge da ancora di salvezza finanziaria cruciale mentre l’Occidente impone sanzioni, motivo per cui Pechino trova terreno fertile per lo sviluppo di relazioni diplomatiche e commerciali con i talebani, dato che la Realpolitik inaugurata da Xi impone una politica estera cinese basata su calcoli geopolitici freddi e pragmatici.

In cambio del sostegno economico e allo sviluppo, la Cina chiede che l’amministrazione talebana affronti i suoi problemi di sicurezza legati al terrorismo islamico. Questi si concentrano principalmente sull’impedire ai gruppi militanti uiguri in Afghanistan di attaccare gli interessi cinesi e anche sul frenare i gruppi militanti pakistani che prendono di mira progetti relativi all’iniziativa Belt and Road attraverso il confine tra Afghanistan e Pakistan.

Agli occhi di Pechino, il Partito Islamico del Turkestan (TIP) – un gruppo militante uiguro precedentemente noto e ancora a volte indicato come Movimento Islamico del Turkestan orientale – è responsabile della destabilizzazione della sua provincia occidentale dello Xinjiang. Il TIP mira a liberare lo Xinjiang e gli uiguri dall’influenze cinese, spesso prendendo di mira gli interessi cinesi.

In un incontro con le sue controparti afghane e pakistane a maggio, l’allora ministro degli Esteri cinese Qin Gang ha fatto pressione sui talebani per affrontare le preoccupazioni dei paesi vicini e intraprendere azioni più decisive per affrontare varie forze terroristiche che operano in Afghanistan.

Ufficialmente, i talebani mantengono una posizione coerente contro i gruppi militanti che usano l’Afghanistan come rifugio sicuro. In pratica, la realtà è più complicata. Secondo quanto riferito, questi combattenti hanno acquisito armi e creato nuove basi operative, pur mantenendo la loro presenza nelle province afghane, tra cui Badakhshan nel nord-est, lungo il confine di 76 chilometri del paese con la Cina.

Alcuni rapporti suggeriscono che i talebani abbiano spostato i militanti uiguri nell’entroterra afghano nel tentativo di alleviare i timori della Cina, ma pensare che questo possa essere costituire una qualsivoglia forma di soggiogamento dei talebani nei confronti dei cinesi, sarebbe un grave errore. Tutto regge finché Pechino è conscia che i talebani mantengono il controllo sui gruppi uiguri.

Situazione ben diversa sul fronte pakistano; Pechino teme la minaccia rappresentata dal Tehreek-e-Taliban Pakistan (TTP), un gruppo militante pakistano, e dall’ISIS-K, l’affiliato regionale del gruppo dello Stato islamico.

Il TTP è stato incolpato di un mortale attentato suicida nell’area di Dasu in Pakistan nel luglio 2021, che ha ucciso nove ingegneri cinesi che lavoravano a un progetto idroelettrico. A dicembre, l’ISIS-K ha preso di mira un hotel di Kabul popolare tra gli uomini d’affari cinesi, dopo un incontro tra l’ambasciatore cinese Yu e il vice ministro degli Esteri afghano Sher Mohammad Abbas Stanikzai per discutere della sicurezza dell’ambasciata cinese.

I talebani temono, tanto quanto i cinesi, l’ISIS-K dato che la collaborazione di quest’ultimo con altri gruppi terroristici presenti nella regione, potrebbe costituire una seria minaccia per la leadership talebana.

I talebani sono cauti nel fare pressione sui militanti TIP e TTP dato che tale pressione potrebbe spingere TIP e TTP ad allinearsi con ISIS-K, il quale, forte dei nuovi alleati, potrebbe mirare ad un regime change in Afghanistan.

Filippo Sardella su LinkedIn

Presidente istituto Analisi Relazioni Internazionali

#Cina#Talebani#Terrorismo