Il papato di Leone XIV non è nemmeno iniziato e già il pontefice deve iniziare a togliersi di dosso gli schizzi di fango che gli sono arrivati riguardo alla storia dei suoi presunti insabbiamenti di abusi sessuali durante i suoi anni da vescovo e sacerdote. Si ricorderà che su questo blog si diede notizia la mattina del secondo giorno del conclave il nome del cardinale americano Robert Prevost stava salendo di molto nelle quotazioni, in quanto due fonti vaticane di alto livello avevano riferito che il suo nome veniva visto come una forza unificante nel collegio cardinalizio.
Così è stato, perché, com’è noto, il porporato americano è riuscito ad arrivare molto presto alla soglia dei 2/3 dei voti necessaria per diventare il successore di Pietro, e, secondo alcuni, avrebbe preso persino ben più di 100 voti tra i 133 elettori cardinali, anche se su tale ricostruzione non ci sono conferme.
Il giorno stesso nel quale si diede notizia di questo retroscena venne anche scritto qui che il cardinale americano veniva considerato da alcuni media come un progressista, seppur moderato, e che Prevost era stato accusato recentemente di aver insabbiato alcuni casi di abusi di sacerdoti negli anni passati.
Le accuse di insabbiamento ai danni di Prevost
A pubblicare per primo tali accuse è stato il sito Infovaticana che già il 2 aprile riferiva che era stata depositata una denuncia in Vaticano consegnata nelle mani del cardinale Parolin, rivale di Prevost al conclave, da parte di una associazione chiamata SNAP, un acronimo che sta per Survivors Network of those Abused by Priests, ovvero la rete dei sopravvissuti di coloro che sono stati abusati dai sacerdoti.
Si dirà di più in seguito sulla SNAP, ma intanto è utile passare in rassegna i fatti per i quali il cardinale originario di Chicago si è ritrovato ad essere accusato di “complicità”.
Tre anni orsono, nel 2022, quando Prevost era vescovo della diocesi di Chiclayo, in Perù, si sono fatte avanti tre donne peruviane, Ana María, Juana Mercedes e Aura Teresa Quispe Diaz presunte vittime di abusi commessi da due sacerdoti Eleuterio Vásquez Gonzales e Ricardo Yesquen per delle violenze che risalirebbero al 2007, quando le tre donne erano delle bambine di 9 e 11 anni.
Non è chiaro se le tre donne dopo aver subito le presunte violenze abbiano confidato alle loro famiglie negli anni successivi di essere state abusate da questi due sacerdoti, ma Prevost una volta che riceve nelle sue mani le testimonianze di queste fedeli non se ne è rimasto con le mani in mano.
Ha eseguito fedelmente la procedura prevista per i casi di denunce sessuali che riguardano i sacerdoti.
Ha trasmesso i verbali al dicastero per la dottrina della fede del Vaticano che ha aperto apparentemente un’inchiesta sul caso, ma non è riuscito a stabilire che ci fossero prove definitive e certe degli abusi commessi dai padri Gonzales e Yesquen.
Mentre il Vaticano apriva il suo fascicolo a Roma sui casi di presunti abusi nella arcidiocesi di Chiclayo, le tre donne decidevano di rivolgersi alla magistratura ordinaria del loro Paese che apriva a sua volta un’inchiesta sulle loro testimonianze, ma che non poteva procedere perché i fatti, apparentemente, erano tutti andati in prescrizione e ciò rendeva impossibile celebrare un processo.
Prevost, da parte sua, mentre si seguivano le procedure formali sia per quello che riguarda la giustizia vaticana sia per quello che riguarda la giustizia ordinaria del Perù, è sembrato essere molto scrupolosonell’attenersi al protocollo previsto, tanto da sospendere i due sacerdoti dalle loro funzioni religiose fino a quando non si fosse chiarita la loro posizione.
La vicenda però era stata già chiarita almeno un anno prima.
Lo stesso sito che aveva riportato la denuncia fatta ad aprile contro Prevost, Infovaticana, aveva il 30 maggio del 2024 scritto un articolonel quale si riportava il contenuto del comunicato rilasciato dalla diocesi di Chiclayo sui fatti in questione.
Il titolo stesso del pezzo in questione non lascia molto spazio ai dubbi: “La diocesi di Chiclayo scagiona il cardinal Prevost dall’accusa di insabbiamento quando era vescovo”.
Nell’articolo la diocesi peruviana precisa che l’allora monsignor Prevost aveva rispettato le procedure previste dalla Santa Sede in questi casi, e non aveva in nessun modo insabbiato le accuse delle tre donne, ma le aveva prese in carico e trasmesse a chi di competenza.
Certamente è singolare il comportamento di Infovaticana che l’anno prima pubblica un articolo che scagiona completamente Prevost e l’anno dopo inizia a pubblicare nuovi articoli che in pratica contengono le stesse accuse, rivelatasi a tutti gli effetti false.
L’attacco di Cuarto Poder: la TV dei magnati peruviani
Nonostante la posizione dell’allora vescovo americano fosse di fatto inattaccabile, alcuni mesi dopo, nel settembre del 2024, l’emittente peruviana America TV in un programma intitolato “Cuarto Poder”pubblica una “inchiesta” nella quale si accusa ancora una volta Prevost di aver “insabbiato” i casi di questi presunti abusi commessi dai sacerdoti Gonzales e Yasquen ai danni delle tre donne citate in precedenza.
Le presunte vittime affermano che monsignor Prevost avrebbe omesso di trasmettere le loro denunce alle autorità vaticane eppure si è visto che questo non è vero perché il prelato americano non appena ascoltate le tre testimoni aveva immediatamente trasmesso gli atti al Vaticano che non era riuscito a trovare prove della colpevolezza dei due sacerdoti peruviani così come non era riuscita a trovarle la magistratura ordinaria peruviana che aveva dovuto comunque procedere all’archiviazione delle denunce per via della scadenza dei termini previsti dalle leggi peruviane.
Se c’è stata dunque una qualche omissione, non è stata certo da parte del prelato di Chicago, ma piuttosto delle autorità vaticane che non sarebbero state abbastanza solerti e diligenti nell’indagare i due sacerdoti accusati di violenze sessuali e di pedofilia contro le tre presunte vittime.
Suscita anche una riflessione il fatto che non ci siano altre accuse contro i due sacerdoti peruviani, se non quelle delle tre donne.
Generalmente, il pedofilo perservera i suoi abusi nel corso del tempo perché la sua patologia continua a determinarne la sua devianza, a meno che non essa venga trattata o curata.
Se si dà uno sguardo ai casi di pedofilia accaduti in Argentina nella arcidiocesi di Buenos Aires, retta da Bergoglio, si possono trovare conferme che tali condotte sono sistematiche e ricorrenti, e nel caso appunto di papa Francesco, lì si può vedere con mano non solo l’omissione ma la complicità negli abusi, coperti dall’ex arcivescovo di Buenos Aires.
L’emittente peruviana America ha tralasciato completamente tali questioni, così come nulla ha detto sul fatto che Prevost aveva collaborato attivamente durante il suo periodo da vescovo di Chiclayo nel denunciare i casi di abusi e pedofilia che erano stati scoperti in seno ad un movimento cattolico peruviano chiamato Sodalitium Christianae Vitae.
A riconoscere il ruolo attivo nel difendere i fedeli vittime di abusi pedofili è stato, tra gli altri, il giornalista Pedro Salinas, a sua volta vittima degli abusi, che ha dichiarato come monsignor Prevost è stato uno dei pochi prelati di rilievo a prendere posizione pubblicamente a favore delle vittime del Sodalitium.
Nulla però è stato detto anche in questo caso da America TV, ma forse è più interessante vedere chi sono gli editori di questa emittente per capire da quali ambienti siano partiti gli attacchi contro Prevost.
America TV è nelle mani di una potentissima famiglia peruviana, i Miró Quesada, che sono praticamente i veri padroni dell’economia del Perù.
I Mirò Quesada sono praticamente ovunque.

La famiglia Miro Quesada
Banche, industria, commercio e soprattutto editoria, poiché sono i proprietari del più grosso gruppo mediatico del Paese, il Grupo El Comercio, nel quale non c’è soltanto la citata America TV, ma anche altre emittenti televisive come Canal N, America Next, Fusion, senza dimenticare le stazioni radiofoniche Radio Disney e Radio America, oltre a quotidiani come Prensa Popular e lo stesso El Comercio, il più antico quotidiano in lingua spagnola del mondo.
I Mirò Quesada possono essere definiti senza troppe difficoltà come i Rockefeller del Perù, anche perché nei diversi istituti bancari di loro proprietà, tra i quali c’è il Banco de Crédito del Perú, si trova la presenza proprio degli ubiqui fondi di investimento americani di BlackRock e Vanguard, i famigerati serbatoi dell’economia mondiale dove ci sono i capitali di famiglie quali i Rothschild, i Rockefeller, i DuPont, i Morgan e gli Schiff.
Gli ambienti che hanno in mano i mezzi di comunicazione in Perù sono come si vede evidentemente ben lontani e ostili al mondo cattolico, e non hanno troppo problemi a confezionare “inchieste” televisive o “giornalistiche” che si fondano su accuse pretestuose o apertamente false.
La SNAP contro Prevost
La campagna di fango contro Prevost, come si vede, ha radici più profonde che si sono via via estese sempre di più fino a quando non si arriva al marzo di quest’anno, quando si fa avanti la citata associazione americana SNAP che mette nelle mani del cardinale Parolin, l’ex segretario di Stato di Francesco, una denuncia ai danni dell’allora porporato americano per “omessa denuncia” riguardo ai presunti casi di abusi avvenuti a Chiclayo nel 2007, nonostante la posizione di Prevost fosse però stata già chiarita.
Se si guarda più da vicino la SNAP ne viene fuori una storia a dir poco controversa.
Ad esempio, nel 2017, l’associazione che si propone di difendere le vittime degli abusi dei sacerdoti fu costretta a scusarsi per le false accuse di abusi rivolte contro padre Xiu Hui “Joseph” Jiang, prete dell’arcidiocesi di Saint Louis nello stato del Missouri.
A rivolgere accuse di abusi contro il sacerdote cinese erano stati nel 2012 e nel 2014 rispettivamente una ragazza adolescente e un altro ragazzo, ma entrambe le accuse si sono rivelate completamente false.
Padre Jiang decise di citare in giudizio sia la SNAP che aveva “assistito” i ragazzi sia i genitori delle false vittime di abusi in una causa civile di fronte ad un tribunale del Missouri che esonera completamente il sacerdote cinese da ogni responsabilità, tanto che il giudice di quel processo riconobbe che l’associazione americana che si propone di aiutare le vittime di abusi clericali aveva chiaramente mentito e agito per il suo pregiudizio contro la Chiesa Cattolica.
La credibilità della SNAP era stata già messa a dura prova anche in altre occasioni persino dai suoi ex dirigenti.
Se si legge, ad esempio, la denuncia presentata da Gretchen Rachel Hammond, una ex dipendente dell’associazione, se ne può avere un’idea più esaustiva.
Nel 2017, la Hammond decise difatti di denunciare la SNAP di fronte ad un tribunale della contea di Cook, nell’Illinois.
Secondo la Hammond, la SNAP è coinvolta in delle vere e proprie pratiche di corruzione e malaffare che prevedono la spartizione di commissioni mascherate da “donazioni” fatte da avvocati di vari studi legali della California, di Chicago e di Seattle che assistevano i clienti che l’associazione gli mandava in cambio delle citate “commissioni”.
Nella sua denuncia, la ex dipendente dell’associazione americana è molto esplicita.
La SNAP porta avanti un’agenda che mira a screditare la Chiesa Cattolica e non ha interesse ad assistere le vere vittime di abusi clericali, che spesso vengono lasciate sole dai dirigenti senza scrupoli di questa organizzazione.
Nel 2011 ci fu un altro esempio di come la SNAP gestisca i finanziamenti che le vengono elargiti.
L’associazione americana in quell’occasione raccolse fondi per istruire un processo presso la Corte Penale Internazionale dell’Aia a carico di Ratzinger, accusato di aver coperto casi di abusi sessuali, ma i fondi raccolti non finirono per iniziare il processo, che mai ebbe luogo, ma finirono tutti nelle tasche dei vari dirigenti della SNAP che li usarono per pagarsi le spese dei loro alberghi di lusso e altri loro viaggi di piacere.
E’ singolare quindi come un gruppo anticattolico dalla credibilità chiaramente compromessa da anni sia per ciò che riguarda l’indebita appropriazione dei fondi da esso ricevuti sia per le false accuse mosse ad altri sacerdoti in passato, sia uscito fuori contro il cardinal Prevost proprio nel mese di marzo, quando Bergoglio era già in gravi condizioni di salute e dalle parti di Santa Marta si parlava di pre-conclave.
Ancora più pretestuose appaiono poi le altre accuse mosse contro Prevost e che risalgono al 2000.
In quell’occasione, Leone XIV era un sacerdote presso l’arcidiocesi di Chicago che era investita dallo scandalo che riguardava James Rey, un sacerdote accusato di abusi e sospeso dalle funzioni religiose dopo che era stata avviata un’inchiesta su di lui.
Nel tentativo probabilmente di allontanare Rey dalle sue funzioni in attesa che si fosse chiarita la sua posizione, l’allora arcivescovo di Chicago, il cardinale Francis George, decise di mettere temporaneamente il sacerdote in un convento agostiniano gestito da Prevost, che si ritrova ad essere accusato di “negligenza” per non aver informato una scuola vicino al convento che un sospetto pedofilo si trovava lì.
Nulla però sembra essere accaduto ai danni dei ragazzi e delle ragazze che frequentavano quella scuola di Chicago.
In che modo quindi Prevost sarebbe responsabile di negligenza o complicità se James Ray durante quel periodo non ha commesso abusi, e soprattutto perché in ogni caso dovrebbe essere eventualmente chiamato in causa Leone XIV per una decisione che non fu presa da lui, ma dall’arcivescovo di Chicago?
Dopo aver passato dunque in rassegna le varie accuse mosse contro il papa, esse chiaramente non reggono ad un attento scrutinio sulla loro effettiva fondatezza e autenticità.
Sembra essersi messa in moto una macchina del fango contro il papa prim’ancora che egli diventasse pontefice, forse perché determinati ambienti cattolici, lontani dalla tradizione, temevano effettivamente che il cardinale Prevost potesse diventare il capo della Chiesa Cattolica e allora era necessario iniziare a gettare del fango contro di lui.
Ci sono inoltre relativamente al profilo di questo papa delle domande che meriterebbe delle risposte più approfondite.
Se Robert Prevost è davvero un progressista bergogliano come lo descrivono taluni, allora perché si muovono contro di lui ambienti nemici della tradizione cattolica e perché Leone XIV negli anni passati sul suo profilo X condivideva tweet nei quali si denunciava la minaccia del Nuovo Ordine Mondiale?
Che “progressista” è colui che celebra, tra le altre cose, la messa con il rito tridentino profondamente avversata proprio da Jorge Mario Bergoglio?
Non appena Robert Prevost è diventato papa Leone XIV, si sono messi in moto contro di lui i soliti canali della falsa controinformazione che sostenevano senza troppi pudori gli stessi candidati della massoneria ecclesiastica e dello stato di Israele, quali Pietro Parolin e Matteo Zuppi.
I media mainstream invece al momento sono impegnati ancora nella fase della “luna di miele”, quella dove cercano di associare Leone XIV a Bergoglio, ma non appena il pontefice dovesse iniziare a segnare una fase di discontinuità, già iniziata nella forma liturgica e nella predicazione del Vangelo, sempre più marcata con Francesco, allora non ci si dovrà sorprendere di vedere anche i media ufficiali scagliarsi contro il papa, esattamente come stanno facendo già i falsi media alternativi.
Se questo papato sarà veramente di rottura e terrà fede al nome scelto, allora avrà nemici ovunque sia ovviamente tra i lupi ma anche, e soprattutto, tra i lupi vestiti da agnello.
Cesare Sacchetti