Fonte: Class CNBC

Nuove uscite volontarie dagli stabilimenti italiani di Stellantis, questa volta a Melfi. Per l’impianto della provincia di Potenza, in Basilicata, si prospettano 500 esuberi, che seguono i 300 di Pomigliano e i 50 di Pratola Serra, entrambi in Campania. Oggi potrebbero arrivarne altri a Termoli (Molise), dove il progetto di riconversione in gigafactory sembra fermo.

Su Melfi pesano i dati negativi degli ultimi mesi, che ne fanno uno degli stabilimenti con la maggiore perdita di volumi: nel primo trimestre la produzione è scesa sotto le 10 mila auto (-64,6%), un calo che prosegue da anni. Insieme alle auto diminuiranno anche i dipendenti, che potrebbero passare da 5.361 a 4.861. E questo nonostante i nuovi modelli in arrivo a Melfi, a partire dalle nuove Jeep, Lancia e Ds 7 elettriche.

Per i sindacati il rischio di uno svuotamento è sempre più concreto. «Tutto questo accade quando ancora non è stato scelto il nuovo ceo e quindi siamo ancora senza un piano industriale per il rilancio degli stabilimenti italiani. Sembra si stia configurando una vera e propria dismissione dall’Italia», dichiara Samuele Lodi, segretario nazionale Fiom-Cgil e responsabile settore mobilità.

«Per tali ragioni non abbiamo firmato gli esuberi. Vogliamo l’apertura di un confronto vero a Palazzo Chigi con il presidente John Elkann per arrivare a un accordo che garantisca l’occupazione e il futuro dell’automotive italiano».

La casa italo-francese è in un momento complicato. Nel primo trimestre i ricavi sono scesi a 35,8 miliardi (-14%) per colpa soprattutto del calo delle consegne negli Usa. E anche il futuro resta un’incognita a causa dei dazi di Trump.

In Europa invece il gigante italo-francese vuole accelerare la costruzione dei modelli Fiat e ha raddoppiato il personale italiano in Serbia, dove viene assemblata la Grande Panda ibrida ed elettrica. È qui che sono finiti alcuni dipendenti di Melfi, che hanno accettato la proposta di trasferimento nei Balcani per uscire dalla cassa integrazione.

Di the milaner

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