Articolo di Alexey Paramonov, Ambasciatore della Federazione Russa in Italia, pubblicato sul quotidiano “Il Messaggero” il 1 marzo 2025

Prima di elevarsi spiritualmente fino a predicare l'amore cristiano universale, il perdono, la non resistenza al male, il ripudio della violenza, il grande scrittore russo Tolstoj aveva maturato un'esperienza di guerra nelle file dell'esercito russo in difesa dei diritti della Russia sulla Crimea. Negli anni 1854-1855, con il grado di tenente di artiglieria, il conte Tolstoj comandò a Sebastopoli una piccola batteria di due vecchi cannoni col mirino rovinato, riuscendo a respingere con successo i furiosi attacchi anglo-francesi alla principale base della flotta russa del Mar Nero. Le sue impressioni sono contenute negli straordinari Racconti di Sebastopoli, pubblicati nel 1855, che gli conquistarono immediatamente un posto di rilievo nella letteratura russa. Si potrebbe dire che Tolstoj fu il precursore di tutti i corrispondenti di guerra russi del suo tempo.

Non è un caso che anche la trama di un’altra grande opera di Tolstoj, il romanzo Guerra e pace, si sviluppi nel contesto storico di un altro aggressivo tentativo europeo di infliggere una “sconfitta strategica” alla Russia: la campagna di Russia di Napoleone. Lo scrittore era sinceramente interessato alla guerra patriottica del 1812, che fu un evento fondamentale per la generazione dei suoi genitori. Per un osservatore russo, l’Europa, per inciso la sua parte occidentale, visto che la Russia ne è una parte orientale, con invidiabile regolarità, circa una volta ogni cento anni, è soggetta al riacutizzarsi di sentimenti non amichevoli nei confronti della Russia. Perciò, l’attuale crisi ucraina, maturata con il coinvolgimento diretto dell’amministrazione Biden, della NATO e dell’UE, inevitabilmente viene valutata nel nostro Paese in un contesto storico più ampio.

Ancora vent’anni fa sembrava che fossimo finalmente riusciti a uscire dal circolo vizioso di questo paradigma storico degli ultimi quattro secoli. Il progetto di integrazione europea suscitava in Russia un interesse vivace e autentico. Si aprivano prospettive di cooperazione nel formato “da Lisbona a Vladivostok” che nemmeno i più audaci visionari del passato avevano osato immaginare. Si discuteva della possibilità di creare zone comuni in cui la forza lavoro e i capitali potessero circolare liberamente, di integrare, come mai prima, i sistemi educativi, di intensificare i contatti culturali e umanitari. Solo alcuni esperti rilevarono con preoccupazione che l’UE sempre più spesso considerava questi legami come un “gioco a una porta sola”, una proiezione verso est della sua influenza politica e economica, un’esportazione unilaterale di valori non sempre in sintonia con costumi e tradizioni locali.

Oggi dobbiamo con dispiacere constatare che questi rudimentali approcci neocolonialisti alla “giungla” che dovrebbe circondare il “bel giardino” dell’Europa, sono diventati il punto di vista prevalente a Bruxelles. Dell’antico fascino dell’idea di un’Europa “grande”, di un’Europa “a due polmoni” ne è rimasta solo una traccia, se non un semplice ricordo tra gli addetti ai lavori dell’epoca, come il sottoscritto. I negoziati, basati su reciproco rispetto e parità, sono stati repentinamente sostituiti da diktat e minacce di sanzioni e l’attenzione dei media mainstream è stata focalizzata sulla politica dell’atlantismo bellicista di Washington dell’era Biden e sulla trasformazione dell’UE in un organismo militarista e aggressivo pensato in chiave antirussa.

Sembra che la Russia e l’Europa Occidentale abbiano due possibili vie d’uscita dalla situazione attuale. Una consiste nel riconoscere gli errori commessi e procedere gradualmente verso una collaborazione volta a ripristinare la fiducia reciproca distrutta in un lampo dall’Occidente. Naturalmente, in questo caso, non sarebbe possibile ricostituire la precedente architettura delle relazioni Russia-Europa. Tuttavia, in uno schema di partenariato più ampio e inclusivo che copra l’intera Eurasia, l’Europa avrebbe tutto il diritto di rivendicare lo status di uno dei poli di attrazione geopolitica.

È anche possibile scegliere la strada di un’ulteriore escalation del conflitto ucraino e del Rapporto Russia-Occidente che, in questo caso, porterebbe inevitabilmente a uno scontro diretto tra le truppe russe e quelle dei Paesi dell’UE e, quindi, della NATO, come ai tempi di Napoleone o di Tolstoj. In questo caso, però, sarebbe necessario analizzare attentamente le possibili conseguenze per l’Europa e per il mondo intero del simile conflitto, visto che la potenza distruttiva delle armi e degli equipaggiamenti militari moderni supererebbe di gran lunga quella dei cannoni e delle pistole dei tempi della prima difesa di Sebastopoli.

Come ai tempi della giovinezza di Lev Tolstoj, la Russia non si sottrae alle sfide militari lanciatele da coloro che la avversano a Bruxelles e, come ai vecchi tempi, innanzitutto a Parigi e Londra. Nell’intervista rilasciata al giornalista americano T. Carlson nel dicembre del 2024, il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov ha affermato che: “Non siamo stati noi a iniziare questa guerra. Per anni abbiamo avvertito che l’avvicinamento della NATO ai nostri confini avrebbe creato un problema. Putin lo spiega da anni sulle piattaforme internazionali a chi sogna la “fine della storia” e il proprio “dominio”. Naturalmente, vorremmo evitare i malintesi. Ma poiché alcune personalità a Parigi, Londra e a Bruxelles non sembrano essere del tutto imparziali nella loro valutazione della situazione, siamo pronti a inviare ulteriori “messaggi” se non trarranno le necessarie conclusioni”.

Si spera che alla fine prevalga il buon senso anche nelle stanze del potere di Bruxelles, Roma e altre capitali. La Russia rimane aperta a proposte costruttive che potrebbero avviare un percorso virtuoso nelle relazioni con l’Unione Europea. 

Di the milaner

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