di Cesare Sacchetti
Alcuni sono rimasti attoniti e anche molto stizziti dall’ultima inveterata uscita del capo dello Stato, Sergio Mattarella, contro la Russia paragonata addirittura al “regime nazista” per via della guerra russo-ucraina.
Che i poli dalle parti del Quirinale siano invertiti non desta sorpresa, e basterebbe ricordare ai signori che occupano le stanze di quella che un tempo era la residenza dei papi che ad avere simboli nazisti sulle divise non sono i russi, ma gli ucraini.
Non è certamente un segreto che il governo di Kiev si ispira all’ideologia del collaborazionista nazista ucraino, Stephan Bandera, e che abbia una sconfinata ammirazione per la filosofia politica del fuhrer.
La NATO sa tutto quello che c’è da sapere al riguardo così come lo sa certamente palazzo Chigi e il Quirinale, ma ormai in questa guerra senza quartiere alla Russia, la verità fa sempre più fatica a trovare spazio soverchiata dalle bugie che questo decrepito sistema cerca ancora oggi di far ingoiare al popolo, ormai sempre più saturo di questa insulta campagna russofoba.
Non c’è infatti ostilità da parte degli italiani nei confronti della Russia, ma anzi ammirazione e ostilità in quanto sembra esistere una sorta di irrescindibile filo culturale e spirituale tra questi due Paesi, da tempo mossi da una stima reciproca.
A San Pietroburgo, ad esempio, si respira l’arte italiana a pieni polmoni.
Se si fa una visita al museo Russo della Storia di San Pietroburgo oppure al museo statale russo, si troveranno appesi alle pareti i capolavori di maestri quali Stefano Torelli che venne chiamato dall’imperatrice Caterina II per dipingere gli affreschi del palazzo reale e per divenire membro della accademia russa delle Belle Arti.
Assieme a lui nella terra degli zar c’erano anche maestri Pietro Rotari, altro protetto di Caterina, autore di stupendi ritratti di donne russe e di monarchi come Augusto III di Polonia.
E’ un legame quello tra Italia e Russia ben più antico dei tempi attuali e la moderna, e decadente, geopolitica dell’anglosfera non può cancellare un rapporto di amicizia e stima che si è instaurato da secoli.
Nemmeno la martellante campagna psicologica fatta in ogni dove contro la Russia ha scalfito i sentimenti degli italiani che oggi invece restano a tutti gli effetti il popolo con la più matura coscienza critica nei confronti della NATO e dell’Unione europea.
Gli italiani sono infatti un popolo che si trova suo malgrado in un contesto geopolitico che non gli appartiene, e si sentono sotto certi aspetti stranieri in casa propria dal 1943.
Il disastro di Cassibile del lontano 1943 ha partorito tale situazione. A Yalta quando si assegnarono i vari blocchi di competenza, lo Stivale finì sotto l’egida angloamericana nonostante la storia e la cultura italiana, latina e cattolica, poco posto avevano e hanno a che fare in questo campo.
Il posto più congeniale sarebbe stato tra il famoso blocco dei non allineati, ben distanti sia dal mondo protestante Nord-Europeo e americano e dal comunismo sovietico che all’epoca purtroppo occupava la Russia per volere della finanza askenazita di New York che sostenne con ampi fondi la presa del potere dei bolscevichi di Lenin e Trotskij.
A Mattarella però tutto ciò non sembra importare.
Come un soldato giapponese sull’isola inconsapevole che la guerra è terminata da un pezzo, lui continua a sparare contro il nemico anche se i suoi colpi non arrivano nemmeno dall’altra parte e se qualche volta arrivano suscitano reazioni di sdegno e compatimento al tempo stesso.
Sergio Mattarella vuole salvare Cassibile.
Il capo dello Stato vuole prendere sulle sue fragilissime spalle tutto il peso di questa repubblica al naufragio che esisteva soltanto in virtù della garanzia del padrone angloamericano di Washington, che dopo il 1943 è stato il decisore ultimo delle sorti della politica italiana.
La repubblica del 1946-48 non può infatti nemmeno definirsi autenticamente italiana perché essa nasce su volontà dell’impero americano che decise già il 2 giugno del 1946 che l’Italia non sarebbe stata una monarchia, ma una repubblica.
Le prove della frode elettorale sono vaste e documentate, ma i voti a favore della monarchia furono fatti sparire con un colpo di spugna dagli occupanti e dai suoi garanti, De Gasperi in primis, e la storia della repubblica di Cassibile è proseguita come era iniziata nel 1943, sotto le insegne della bugia e del tradimento.
La repubblica del’48 è una repubblica per procura in quanto la sua sovranità è sempre stata rimessa nelle mani di altri poteri sovranazionali che si sono serviti dei loro vassalli locali per mantenere l’Italia nel posto che le era stato assegnato sul finire della seconda guerra mondiale.
La classe dirigente della Prima Repubblica seppur limitata in partenza da una sovranità mai pienamente avuta ha saputo nonostante tutto destreggiarsi e costruirsi il suo perimetro di sovranità limitata tanto che in più di un’occasione Roma ha saputo dire di no a Washington, e in particolare si ricordano gli episodi dell’ex presidente della DC, Aldo Moro, finito nel mirino di Henry Kissingerper la sua volontà di entrare nel blocco de non allineati, e di Bettino Craxi che a Sigonella nel 1985 difese l’Italia di fronte alle intollerabili ingerenze del duo composto da Ledeen, uomo CIA e falco sionista, e Ronald Reagan.
Il golpe giudiziario di Mani Pulite voluto dall’impero USA
L’impero aveva però bisogno di espandersi per completare la sua opera di edificazione della governance mondiale, e allora si decise che era giunto il tempo di liquidare quella classe dirigente nel 1992 attraverso la rivoluzione colorata di Mani Pulite.
I “vincitori” di quel colpo di Stato sono gli uomini del post-PCI che nel frattempo aveva dismesso i vetusti panni del comunismo, ormai non più utile alle élite globali, e aveva indossato i panni di quelli del polo progressista liberale scolpito a immagine e somiglianza del partito democratico americano.
I vincitori del tradimento del Britannia e del golpe giudiziario di Mani Pulite sono loro.
Sono Massimo D’Alema, Carlo Azeglio Ciampi, Giorgio Napolitano, Lamberto Dini e proprio lui, Sergio Mattarella.
La DC è stata assieme al PSI craxiano uno dei bersagli prediletti dei giudici milanesi che con il loro fucile sparavano avvisi di garanzia sistematicamente rivolti contro questi due partiti, ma quando si trattava di arrivare dalle parti di Botteghe Oscure, le armi che con gli altri partiti erano infallibili venivano riposte e non sparavano un colpo.
C’era un uomo che voleva approfondire la questione delle tangenti e dei fondi neri tra il partito comunista dell’Unione Sovietica e il PCI ed era Giovanni Falcone che stava indagando assieme al procuratore russo Stepankov su questo enorme giro di corruzione pari almeno a 985 miliardi delle vecchie lire.
Il giudice palermitano non fece però in tempo ad entrare in quella zona proibita perché fu fatto saltare in aria a Capaci il 23 maggio del 1992 con dell’esplosivo di fabbricazione militare americana, anche se oggi la falsa narrazione ufficiale ancora prova a far passare questa strage atlantica come opera della mafia o peggio di Silvio Berlusconi che non aveva certo né le capacità né i mezzi per fare nulla del genere nonostante il suo controverso passato da imprenditore vicino a personaggi in odore di mafia.
La Balena Bianca, come detto, viene spazzata via, ma Mattarella sopravvive alla tempesta.
C’erano altri piani per lui e quando il neo costituito partito popolare governato dal segretario Buttiglione nel 1994 si avvicina al polo delle Libertà di Berlusconi, Sergio Mattarella si oppone fermamente all’ipotesi di un’alleanza con il centrodestra più interessato a sostenere invece i rimasugli della sinistra della DC nella quale c’erano personaggi come Romano Prodi, Beniamino Andreatta, Carlo Azeglio Ciampi e Marini.

Prodi e Ciampi sventolano felici la bandiera dell’UE nel 1998
Sono gli uomini dell’euro. Sono la quinta colonna che ha roso questo Paese dal di dentro portandolo in dote a quei poteri e potenze estere che volevano spolparlo per renderlo una piccola potenza da gestire a piacimento, priva di tutta la forza economica che era riuscita a conquistare nonostante l’egida angloamericana, che aveva deciso di mettere un punto a quel Paese divenuto ormai troppo prospero e solido.
L’ascesa politica di Mattarella e il caso dell’uranio impoverito
Mattarella ha la sua occasione quando c’è la notte dei lunghi coltelli dentro l’Ulivo che vede Massimo D’Alema tramare contro Romano Prodi per avere lui il ruolo di rappresentante della governance mondiale in Italia, ed è nel 1998 che l’ex democristiano diviene ministro della Difesa e vicepresidente del Consiglio del governo D’Alema.

Mattarella, ministro della Difesa, assieme a D’Alema nel 1999
Mattarella sarà il primo inquilino di via XX settembre che parteciperà ad una guerra di aggressione per conto della NATO in Serbia, “colpevole” di non essersi piegata all’impero americano e di avere un presidente, Milosevic, troppo indipendente e troppo patriottico per i gusti del patto Euro-Atlantico.
A Belgrado vengono sganciate così bombe e proiettili che contenevano l’uranio impoverito, cagione di leucemie e linfomi ai militari italiani che furono purtroppo inviati nei Balcani nell’ennesimo atto di asservimento a Washington.
Mattarella sapeva dell’utilizzo di queste letali munizioni, ma nel gennaio 2001 disse che non c’erano “elementi sufficienti” per dimostrare l’insorgere di gravi patologie in seguito all’esposizione all’uranio impoverito, nonostante ancora prima dell’inizio della guerra della NATO contro la Serbia, circolavano documenti ufficiali tra i Paesi NATO che ne documentavano i gravi rischi per la salute.
Lo scandalo non scalfisce il ministro della Difesa che negli anni a venire viene nuovamente eletto tra le fila della Margherita fino al grande balzo del 2011, anno nel quale venne eletto giudice della Corte Costituzione dopo l’accordo tra il centrodestra di Berlusconi e il PD, sotto la benedizione del golpista Giorgio Napolitano che già era all’opera da mesi per sostituire il Berlusconi III con un governo tecnico per attuare ancora meglio l’agenda delle tecnocrazie europee e della famigerata Troika.
Nel palazzo della Consulta, Mattarella rimarrà comunque poco.
Mattarella al Colle: il garante del mondialismo in Italia
Lo chiamerà Renzi a ricoprire il ruolo di capo dello Stato nel 2015, eletto nel quarto scrutinio non solo grazie al sostegno del centrosinistra ma anche con l’appoggio di parti dell’immancabile centrodestra berlusconiano, che quando si tratta di aiutare il PD a portare avanti l’agenda delle tecnocrazie e della NATO, non si tira certo indietro.

Renzi e Mattarella nel 2015
Da allora, il capo dello Stato è stato l’esclusivo interlocutore di quei poteri.
Sua nel 2016 l’iniziativa di ricevere al Quirinale gli uomini della Commissione Trilaterale, uno dei vari gruppi mondialisti finanziati dalla famiglia Rockefeller che si propone di liquidare gli Stati nazionali, così come è sua la scelta senza precedenti e al di là dello stesso perimetro costituzionale di mettere il veto nel 2019 sulla nomina del ministro Savona al dicastero dell’Economia, per “proteggere i risparmi” ed evitare l’uscita dall’euro.