Fin dall’inizio delle ostilità sono stato tra quelle poche persone a reputare difficile sia una vittoria russa, intesa come intera occupazione del territorio ucraino, sia una totale riconquista dell’esercito di Kiev del proprio territorio orientale occupato dai russi. Pochi, incomprensibilmente, capirono il ragionamento analitico e, forse, presi da spirito partigiano bollarono chi, come il sottoscritto, ragionava su principi reali come filo-putiniani. Del resto, però, la tesi che esponevo non sembrava difficile da capire e, ad oggi, dopo quasi due anni di guerra ininterrotta, sembra che il tempo mi abbia dato ragione. La base del mio pensiero era semplice, l’Ucraina doveva reperire i propri approvvigionamenti militari, offensivi e difensivi, all’estero, mentre la Russia possedeva già una linea di approvvigionamento più immediata, data la prossimità e la continuità territoriale con l’Ucraina. Kiev, quindi, doveva sperare in aiuti di Stati terzi, spesso in disaccordo sul da farsi e scoordinati; Mosca, invece, aveva già un’economia ben pianificata ad affrontare un conflitto di lungo periodo e logorante. Del resto, sostenevo molto chiaramente che quando si ha una linea di approvvigionamento contigua, ciò significa che le risorse e i rifornimenti possono essere inviati direttamente al fronte; questo offre un vantaggio immediato in termini di prossimità geografica. Le truppe e le forniture possono essere trasportate più rapidamente e a costi logistici inferiori. La comunicazione è più efficiente, consentendo una risposta più rapida ai mutamenti sul campo di battaglia e la presenza fisica delle forze armate lungo la linea di approvvigionamento offre una maggiore sicurezza contro attacchi nemici, rendendo la difesa delle linee di approvvigionamento più gestibile. Tuttavia, ci sono anche possibili svantaggi nella contiguità geografica, quelli di cui avrebbe dovuto godere la controffensiva ucraina durante la cosiddetta “controffensiva di primavera“; una linea di approvvigionamento contigua, infatti, può diventare vulnerabile se il nemico, approfittando della vicinanza geografico-logistica, riesce a penetrare il fronte, interrompendo rapidamente l’approvvigionamento. Per quanto concerne l’Ucraina, invece, dipendere da Paesi lontani offre diversi vantaggi, come la diversificazione delle fonti di approvvigionamento, la capacità di offrire risorse e tecnologie che potrebbero non essere disponibili localmente (migliorando le capacità militari complessive) e le rotte di approvvigionamento possono essere più difficili da individuare e attaccare per il nemico, specialmente se protette da forze navali; tuttavia esistono anche svantaggi significativi. I tempi di consegna prolungati a causa della distanza possono influenzare la prontezza operativa e la capacità di rispondere rapidamente ai cambiamenti sul campo di battaglia, il trasporto da lunghe distanze è costoso, sia in termini finanziari che di risorse umane e gli eventi globali come conflitti in altre regioni (il caso del conflitto Israele – Hamas è un esempio) possono interrompere le rotte di approvvigionamento e dirottare parti degli aiuti in altre parti del globo considerate più a rischio, compromettendo la continuità dell’approvvigionamento. Quanto appena esposto è stato uno dei fattori principali che ha portato il mio ragionamento analitico a dedurre che una vittoria russa era possibile fin dall’immediato inizio della guerra, dove per vittoria si intende non l’intera occupazione dell’Ucraina, bensì il conseguimento di nuovi territori da annettere alla Russia. Giunti a dicembre 2023, quasi due anni dopo lo scoppio delle ostilità, appare chiaro anche a gran parte degli osservatori internazionali, che una vittoria russa è possibile, dato che, al contrario di quanto più volte annunciato dal Presidente Zelensky, sembra che l’esercito ucraino non solo non riuscirà a riprendere la Crimea, ma non sembra neppure in grado di riacquisire gli ex territori ucraini del Donbass. La controffensiva ucraina non ha raggiunto i propri obiettivi e la guerra sembra essersi diretta verso una fase di stallo dove per entrambi gli eserciti risulta più conveniente continuare a difendere le proprie posizioni che avanzare nel tentativo di conquistare nuove posizioni. Se la tattica difensiva premia Mosca da una parte, condanna Kiev dall’altra e, in questo caso, risulta determinante proprio il campo di battaglia per le future scelte politiche dell’Ucraina. Se l’Ucraina si ritira, il dissenso a Kiev diventerà più forte e non solo; in Occidente si inizierà a pensare, infatti, che il sostegno, in termini di armi e denaro, sia solo uno spreco. Situazione diametralmente opposta per la Russia che, nel 2024, avrà una capacità bellica maggiore e migliore, dato che disporrà di più droni e proiettili di artiglieria. Il forte sostegno occidentale all’Ucraina potrebbe essere stato un boomerang per Kiev? Il fortissimo sostengo Occidentale all’Ucraina, ad una valutazione più attenta, potrebbe avere determinato anche la sua debacle sul campo di battaglia. Il vigoroso supporto ricevuto da Kiev da parte di numerosi Paesi alleati degli USA ha avvantaggiato Putin nel trovare sostegno da tutti quei Paesi che sono in rotta o che mal digeriscono la politica estera USA; in breve, la crociata di Washington contro Mosca, costi quel che costi purché la Russia venga sconfitta, ha determinato la creazione, con altrettanta veemenza, di un contro-movimento a supporto della Russia. I droni dall’Iran e i proiettili di artiglieria dalla Corea del Nord, Turchia e Kazakistan diventati canali per le merci che alimentano la macchina da guerra russa e il sud globale, disinteressato da ciò che accade in Europa e quindi meno interessato a supportare l’Ucraina e le politiche di sostegno Usa al Paese, sono solo alcuni dei numerosi esempi che si potrebbero fare. Oltre a questo è saltato lo schema per diminuire le entrate petrolifere russe limitando il prezzo del suo greggio a 60 dollari al barile in quanto è nata una struttura commerciale parallela è emersa. La vittoria della politica interna: Mosca vs Kiev Le guerre hanno bisogno soprattutto di sostegno interno e di un opinione pubblica che le supporti e, anche sotto questo aspetto, Putin sta vincendo. L’opinione pubblica russa, di certo, così come gran parte dei cittadini russi, non amano la guerra, ma di fatto si sono abituati ad essa e alle sue conseguenze, ovvero ad essere lo Stato più sanzionato al mondo. Proprio le sanzioni hanno fatto sì che l’élite economico-finanziaria, legata spesso a posizioni di vertice del mondo politico, rafforzasse la presa sull’economia. Questo ha generato tre specifiche storture per l’Occidente: le sanzioni non hanno funzionato e, paradossalmente, si ritorcono in parte contro chi le ha applicate; gli uomini di potere che fanno parte del mondo economico, ma che hanno legami con il mondo politico, vedono nel prosieguo della guerra un vero e proprio interesse economico; lo Stato russo può permettersi di pagare uno stipendio molto lauto alle famiglie di coloro che combattono e un’ottima pensione per coloro che muoiono. A Kiev, invece, si iniziano a vedere le prima spaccature all’interno del governo. Il presidente Zelensky e Valery Zaluzhny, il suo generale più anziano, hanno iniziato una guerra dialettica interna, volta l’uno a smentire l’altro; inoltre i sondaggi, alla luce dei recenti e continui scandali di corruzione, mostrano i cittadini ucraini in forte preoccupazione per il futuro del loro Paese. I governi occidentali sembrano non vedere l’ora di smarcarsi dal conflitto ucraino che qualora si stabilizzare, come sembra di fatto essere, rischia di diventare un “mutuo a lungo termine” per gli Stati sostenitori di Kiev. Negli Stati Uniti l’amministrazione Biden sta lottando per far approvare al Congresso finanziamenti per un valore di oltre 60 miliardi di dollari, cosa che, meno di un anno fa, sarebbe stata decisamente più semplice. L’Unione europea ha promesso all’Ucraina 50 miliardi di euro (56 miliardi di dollari), ma il denaro viene trattenuto dall’Ungheria e, forse, da un pasticcio di bilancio in Germania. A dicembre l’UE dovrebbe segnalare che è pronta ad avviare i colloqui per l’adesione dell’Ucraina anche se molti credono che il processo sarà intenzionalmente bloccato perché l’allargamento è difficile e minaccia gli interessi acquisiti. La guerra in Ucraina, come era prevedibile, a meno di un intervento diretto degli Stati Uniti o della NATO è improbabile che veda vincitori gli stessi ucraini, per il bene di tutti e quindi, data la situazione di stallo attuale, non resta che aspettare degli auspicabili colloqui di pace. |